A long dimanche de fiançailles. Dovete sapere che la prima Citroen DS è stata prodotta nel 1955. Quindi il 2005 è il cinquantenario. Se siete il club dei maniaci delle DS dove sognereste di fare la vostra sfilata di 1600 vetture? Sugli Champs Elysée, è ovvio. Fate tutte le richieste in grande anticipo. E’ il jubilee, andiamo. Va bene. Incrociate questi tre dati: Champs Elysée, 1600 DS, giornata stupenda (cielo blu e più di 20 gradi). C’ero?
Cinquanta anni precisi, e non quest’estate, non l’anno prossimo, non a Le Havre, Ici-maintenant. Oggi, ora, qui. Mi sembra di sognare, prima o poi qualche invidioso mi avvelenerà.
Arrivo alle 10 precise, c’è già una doppia fila sugli Champs. Mi posiziono al centro, sull’attraversamento pedonale. Quando c’è un evento tutti si guardano in giro per cogliere i primi segnali e per capire con chi lo stanno condividendo. Perché se uno crede sia un affare intellettuale e poi vede una banda di ragazzini ciccanti allora c’è qualcosa che non va. Aspettiamo. Ogni volta che passo per gli Champs non posso evitare di ricordarmi che qui Hitler ha fatto la sua parata. Su questo suolo sacro lui è passato festeggiando. Certo, ne ha fatte di peggio, ma per me è come se un passante si mettesse a fare smorfie sulla pista mentre si gira l’ultima scena di Casablanca. O se qualcuno giocasse a freccette con il S. Sebastiano di Mantegna. Comunque è lontano nel tempo, e oggi da qui si vede l’obelisco di Convention. All’improvviso tutti iniziano a correre verso la via parallela. Il defilée delle dee è cominciato dove nessuno si aspettava, arrivano da una via secondaria, percorrono metà rotonda dell’Arc de Triomphe è scendono per un’altra via.
C’è molta gente: ragazzi, genitori con bambini del tipo “Quella era la macchina di papà” sottinteso “che ho venduto e adesso varrebbe un sacco di soldi”, nostalgici. Le macchine sono davvero per tutti i gusti, dalle normali grigie a quelle rosa o adattate per la corsa. Ce ne sono un paio della polizia, due dei pompieri e un paio allestite da ambulanze italiane. Si cerca l’AVIS del Comune di Esanatoglia.
La cosa più bella è vedere chi accompagna i guidatori. Ci sono quattro categorie. Il gruppo di fanatici, amici dotati di tutti gli accessori, con nomi sulla carrozzeria, bagagli sempre pronti per i raduni e officina a casa. Ci sono i padri con i figli che guidano, probabilmente hanno ereditato la macchina e il compito di sfilare, è come la prima volta che si cavano le ruotine alla bici e si inizia a pedalare da soli, oppure quando ti insegnano a farti la barba e ti regalano un rasoio (ma ormai con quelli elettrici non serve una gran maturità). C’è poi la famiglia, tipo il marito che ha speso la sua vita per la macchina, la moglie che pazienta, che ogni tanto vorrebbe fare un viaggio lontano “ma no, non si può la macchina si stanca” e i bambini che devono pulirsi e fare la doccia prima di salire. Oggi è il loro trionfo: “Vedi, tu che l’hai sempre trattata male, ma se non fosse per lei oggi non sfileresti sugli Champs Elysée”. C’è anche la coppia ancora On the Road, conosciuti in viaggio e andiamo avanti così. Gli originali hanno tanto di autoradio con “Ooh Champs Elysée”. Una DS famigliare ha deciso di smettere il suo servizio oggi, procede a spinta.
C’è una coppia di vecchi francesi che hanno una parola per ogni autista, la lingua non importa. Lui ogni tanto l’abbraccia, lei fa smorfie e gli pesta i piedi con le scarpe da tennis. Non finisce più, 1600 dichiarate e 1600 sono. Se ci pensate sono arrivate tutte qui dall’Europa sulle loro ruote. Ah le macchine di una volta. Mi siedo su una panchina, un bambino e una bambina che giocano a "Pierre feuille ciseaux".
Me ne vado verso mezzogiorno, mangio un panino nel giardino degli Champs, prendo un buon cafè -ma le condizioni di assunzione modificano il giudizio- e vado alle Tuilleries.
Bambini che giocano, un gruppo di Scout, la Tour Eiffel da una parte, il Louvre dall’altra, panchine, alberi arancione. Alle 13.30 mi incontro con Sonia e una ragazza spagnola per andare alla Fiac, expo-mercato di arte contemporanea. Per farla breve arriviamo là, facciamo la fila, chiediamo il biglietto ridotto e ci dicono che è solo per studenti d’arte. Io studio, anche, l’arte, ma non basta. Sarebbero 17 euro, no grazie. Allora decidiamo di andare agli Champs de Mars, davanti alla Tour Eiffel, vogliamo riposarci un po’. Arrivati là stanno tendendo del nastro bianco-rosso. “Ci sarà qualche visita importante” dicono loro. Scettico parlo con il poliziotto io. “Il y un alarm à la bombe monsieur, desolé”. Cioè lui è desolato per me perché non possiamo andare a stenderci sul giardino perché c’è stato un allarme. Ovviamente tutto falso, telefonata anonima e tutto il resto. In ogni caso la polizia è molto cortese e tutti collaborano senza panico, per la prima volta vedo la Tour senza turisti.
Che fare? Andiamo a Montmartre. Qua nessun allarme, bambini che si rotolano sull’erba morbida e gente che legge. Mi stendo sulla “pelouse au repos” (mio il repos) leggo un po’ e faccio anche un pisolino. Cielo blu e venti gradi, pratone e Sacre coeur. C’est la vie. Dopo un po’ loro se ne vanno, resto ancora mezz’ora poi torno a casa, mi cambio, mi riposo, scrivo ed esco di nuovo. Cena a base di fonde con il gruppo italiano di ieri. Una bella serata, ci si scambiano informazioni e si mangia bene. Certo se fossimo in montagna e fosse freddo vero sarebbe meglio. La raclette è un cuneo di formaggio che viene sciolto da una resistenza montata su un supporto. Si progetta un modello artigianale con piastra per capelli al posto della resistenza. Sono sicuro che funzioni. La fondue al chevre è da peccato di lussuria, la reblochonnade sparisce dopo dieci minuti. Finiamo tutto a fatica, lavorando di forchettine, pezzetti di pane, affettati, patate. Il posto si chiama “Le grand bistrot”, ma se andate dalle parti di rue de la Huchette e Saint Séverin ne trovate ovunque. Questo è buono e ha anche (pregio o difetto) gli animali impagliati al muro. Per digerire ci vorrebbe un concentrato di solventi chimici. Per pulire le pentole (?) tanta pazienza. Rientro da solo e dormo come un sasso savoiardo.