Paris is a moveable feast ("Festa mobile" Hemingway). Blog su un erasmus a Parigi.

Sunday, October 23, 2005

triente et septième jour

Venerdì. Titolo: grandi speranze. Alle 9.30 il corso di economia della cultura -alla fine si tratta di questo-: La Noia. Cioè io non posso, proprio non posso seguire il corso di una che parla così “Alors, chapitre 1 point 2 l’analyse du sectuer” cioè legge gli appunti dettando capitoli, sottolineando le frasi tra virgolette, e ripete incessantemente “autrement dit”. Ma allora dammi un libro, delle dispense, non venire a parlare per fare una carrellata di eventi in colonna, tipo millenovecentottantaquattro succede questo, poi millenovecentottantasette quest’altro. Lei sarà sicuramente un ottima consulente per i ministeri, ma non appassiona certo a un soggetto tiepido di suo. Finita la lezione chiedo se posso fare un memoire su come il cinema è diventato arte e di quali finanziamenti gode. Dice si, ma anche no, ma non parli male perché non fai il compito scritto con gli altri? Credo invece che cambierò del tutto esame, almeno qui posso scegliere, mi sono aggiunto due corsi apposta come paracadute. Seconda notizia triste della giornata: per l’inchiesta possono scegliere 10 persone su quindici. Basta dire che sono l’unico senza esperienza, senza cittadinanza francese, senza tanto tempo libero per gli adorabili vecchietti. Chiederò di collaborare esternamente, mi mostrerò interessato, ma zero possibilità. Alle 15 me ne vado fiero al seminario della Normale su Deridda. Rimango deluso dall’edificio e dall’aula modello cinema, dentro è tutto molto brutto, ma gli spiriti eletti non guardano alla volgare materia giusto? Il Seminario. La Follia. Questi danno per letto tutto Deridda. Uno ha un titolo che c’entra con Aristotele, ma parla del non rapporto di Deridda con Aristotele però mediato da Plotino e con una coda Hegeliana, la parola chiave è apeiron. Ma per farvi capire bene è sufficiente dire questo: il tizio è vestito con una camicetta viola, ha un foglio pieno di post-it. Con “pieno” intendo dire che sul foglio non c’è scritto niente, l’ha riempito di post-it arancione e poi ci ha scritto sopra. Uno insegna per evitare la psichiatria. Il secondo intervento citucchia a destra e a manca. “La parola media” che cercava Barthes qui non è di casa, c’è un gusto veramente onanistico per l’intellettualismo militante. Ovviamente me la batto alle quattro. Per non tornare a mani vuote vado alla revue parlée del Pompidou. Notare la comodità di questo posto, a un passo dalla Senna è veramente un edificio che ha creato una socialità nuova, la gente ci va per passarci, per incontrarsi per entrare anche solo a dare un’occhiata. Una mossa sola fa quartiere, città, urbanistica. Anche la mecca è stata buttata li, quello che fa di un luogo un Luogo è quello che si crea intorno, non i distributori automatici.
La revue è su un autore francese che spero non conosciate: Pierre Guyotat. E’ un meccanico della parola. Le smonta, rimonta, decostruisce, sillaba, le fa suonare e muovere. Due cose del filmato biografico mi piacciono molto. Quando dice che il suo limite sperimentale è l’etimologia latina, non va oltre, è il bordo del senso, il resto è suono vuoto. La seconda cosa è l’importanza del ritmo, non riuscire a leggere un’insegna senza prendere le battute, sillabarla. Al lavoro poi è come noi, batte sul tavolo rileggendo, si impunta su una parola e muove la mano per sfogliare il registro, varia i toni. Una scoperta interessante, per ora inaccessibile alla lettura. Torno a casa ceno con la mia fedele boite dopo cena si esce dove andiamo? Bastille. No. No. Basta. Dire “Je n’ai assez di Bastille” mi piace, un po’ come dire sempre nello stesso posto? Come attecchisco bene.
Risaliamo rue de Bagnolet, rivelatosi quartiere pieno di vita. Molti caffè. Entriamo in un locale che è una vecchia stazione, non si paga l’ingresso, dentro si suona rock a metà tra anni ottanta e Doors. Qui dire che in un locale si suona musica live è pleonastico. E’ caldissimo, si fa fatica a parlare, dopo un po’ usciamo e andiamo verso place Edit Piaf -Rieen rieen je ne regrette de rieeeen-. Prendiamo la metro e rientriamo al Foyer, mangiamo qualcosa, chiacchieriamo un po’, una ragazza ha dei campioni di digestivi tedeschi, si brinda con l’odore in pratica. Bella serata, davvero. Risolleva la giornata e le dà anche il colpo di grazia.

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