Paris is a moveable feast ("Festa mobile" Hemingway). Blog su un erasmus a Parigi.

Sunday, October 16, 2005

treinte et uniéme jour

Secondo giorno in compagnia. La mattina passa al computer, mail e resoconti. Nel primo pomeriggio entrano in campo due forze: il museo d’orsay e il pranzo preparato dai tedeschi. Ora bisogna sapere che il tema della puntualità legato alla popolazione teutonica è più che altro un mito. Una promessa da compagnia aerea. Il pranzo è alle due. Alle due mi telefonano “siamo ancora a fare la spesa”, si scivola alle tre. Alle tre iniziano a cuocere qualcosa, alle tre e mezzo preparano una sorta di polpette. Alle 15.45 me ne vado scusandomi, mangio un panino in metro. Già così è tardi se si conta la coda del museo e la chiusura alle 18. Il d’Orsay è un museo di mezzo. Prima c’è il Louvre, dopo c’è il Beaubourg. Vale per la ripartizione delle opere, ma anche geograficamente. Se siete sulla riva destra è impossibile raggiungerlo in meno di mezz’ora. Lo vedete lì, ma prima dovete attraversare il Louvre o le Tuileries -oggi affollatissime: è piena estate, maniche corte e qualcuno anche pantaloncini- poi attraversare la senna. Non ci sono ingressi preferenziali. Arrivato là ritrovo le mie ospiti ed entriamo. Vorrei fare la carta annuale, ma oggi è chiuso. C’è una successione precisa per i pass. Se fate prima il d’Orsay avete uno sconto al Grand Palais, dove però potete comprare una carta annuale che se avete la tessera della Bnf costa meno. Se sbagliate l’ordine delle iscrizioni ve ne accorgerete in ritardo.
Tornando al museo museato -se esiste calcio giocato non vedo perché no- sono tra quelli che credono che la cosa più bella del d’Orsay sia lui stesso, l’edificio. Una ex stazione che ha mantenuto orologio d’orato e vista sulla Senna. Se ne volete una ricostruzione guardate “Une long dimanche de fiançailles” verso la fine lei telefona dalla stazione. I pastelli di Degas e di Lautrec sono tra le cose più belle, peccato che inzino a chiudere quando ancora dobbiamo finire tutto il giro. Cerchiamo di sfuggire a un po’ di controlli, ma il piano è collaudato, no pasaran. Usciamo e andiamo agli Invalides, confondibile da lontano con il panthéon per la cupola, ma questa ha un po’ d’oro. Nelle lettere persiane il viaggiatore è impressionato dalla grandezza di un edificio per ospitare gli invalidi di guerra. Siamo in effetti su un altro piano rispetto a Emergency.
Un salto al supermarket per accaparrare provviste per il viaggio di ritorno e usciamo di nuovo. Marais, ceniamo in un posto molto carino in rue de la Croix de la Bretonniere, poi andiamo alla Tour Eiffel, vista Trocadero. C’è molta gente, un matrimonio, un po’ di vento. Ma lei è là, rassicurante e immobile. Si va a dormire non tardi, ma abbastanza stanchi. Il viaggio è corto, ripartono lunedì mattina. Baci e auguri, scambio di pacchi.

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