Paris is a moveable feast ("Festa mobile" Hemingway). Blog su un erasmus a Parigi.

Friday, October 14, 2005

vingt et neuviéme jour

Cosa? Ancora notizie da Parigi? Niente di sorprendente. Alle 11 abbiamo appuntamento con il nostro uomo-coordinatore. Ci ha promesso che avrebbe firmato senza problemi e così fa. In più si dice disponibile a “inviare una lettera” se abbiamo delle proposte di stage. Conosce molta gente, sa a chi mandarla al Louvre, al Museo d’arte contemporanea, case editrici. Non dite così, non è una vera raccomandazione, è solo una domanda di stage. E comunque voi rifiutereste una raccomandazione per il Beaubourg? Chi è senza peccato scagli la prima coscienza. Certo non ci sono garanzie e poi prima bisogna pensare a cosa si vuole fare come stage. Per quanto mi riguarda le fotocopie al Beaubourg o servire il caffè in una casa editrice sono già obiettivi più che dignitosi. Portare le piastre alla Cinémathéque? Volentieri. Quest’ uomo deve avere veramente una cultura sterminata, gli parlo del mio progetto di memoire e mi cita Paolo Fabbri, non la persona più nota in questo mondo. Ha l’aria di una persona tranquilla, aperta, che ha speso molto per arrivare dov’è, ma non ha certezze assolute. Usciamo, passiamo in biblioteca, poi nella Corte d’onore della Sorbonne, quella con le statue di Pasteur, Hugo e le iscrizioni in oro. Pranziamo nella piazza della Sorbonne. Pieno di studenti, si sentono almeno cinque lingue diverse, cadono le foglie, una brezza da sinistra, un uomo che suona il sax. Ogni tanto sembra normale avere la felicità a portata di mano. Questo è il sunto del mio erasmus finora: panino, cielo blu, un po’ di nostalgia di fondo, quella malinconia che si prova a essere felici altrove, in assenza di qualcuno, foglie che cadono avvitandosi, musica, librerie. All’edicola sulla destra hanno copie del magazine litteraire -un’istituzione per gli studenti della Sorbonne- degli ultimi dieci anni; ne compro uno sugli scrittori di Parigi. Facciamo la nostra “iscrizione pedagogica” e riceviamo l’invito per un cocktail di benvenuto. C’è poi una vaga idea di andare a vedere la Saint Chapel, ma c’è troppa fila, si torna a casa. Mi sento come una persona che viene portata in un ristorante di quattro piani (pesce, carne, dolci, formaggi) con questa promessa: “puoi mangiare tutto ciò che vuoi per un’ora, poi resterai a digiuno per un anno”. C’è il dubbio su cosa fare, si devono prendere abbastanza cose per non sprecare l’opportunità e averne abbastanza per un po’, ma si deve evitare l’indigestione. C’è una sorta di rimpianto anticipato per ciò che non si è fatto. Mentre prendete quel budino osservate con la coda dell’occhio qualcuno che prende un tè e vi si brucia il salmone in forno. Il pane lasciato al primo piano indurisce mentre correte al secondo prima che le fragole finiscano. Se volete degustare, ma avete il tempo per abbuffarvi. Se volete rimpinzarvi, ma il tempo passa. Non so se rende l’idea. Per ora comunque mi riesce abbastanza bene il mestiere di vivere Parigi. Senza correre, ritornando sui propri passi quando ne vale la pena e passando oltre in altri casi.
Dimenticavo: prima di uscire dalla Sorbonne vedo anche un volantino che informa sulle possibilità di votare a Parigi per le primarie, ci andrò di certo, anche solo per vedere come si vota all’estero, quanta gente c’è, com’è l’organizzazione. Poi mi sembra che in Italia stia andando sempre peggio, Le Monde dice chiaramente che B. cambia la legge perché ha paura di perdere. Noi passiamo per quelli che glielo lasciano fare. Che vergogna.
La sera al Foyer c’è una “festa d’integrazione”, stile College. Sono stati fatti dei gruppi, ognuno deve preparare degli sketch stupidi con un tema particolare. C’è un aperitivo durante il quale il direttore cerca di fare l’autoritario senza riuscirci (“Qu-est-ce que c’est un foyer?”). Da ridere. Sospetti che abbia brindato in nostra assenza. Al mio gruppo sono toccate delle parodie di pubblicità, ma all’ultimo viene trasformato in un programma televisivo in cui ragazzi-fanno-domande-a-ragazze-poi-si-forma-la-coppia. Ho un repertorio di argot e grands mots per una vita. Nel complesso è divertente, quelli del secondo anno hanno diritto di fare scherzi e intervenire a piacimento. A metà serata mi tocca il compito di sfamare uno sparuto gruppo di Science Po. Del primo anno che ha avuto dei corsi di economia dalle 20 alle 22 (!) e ha saltato la cena. In futuro qualcuno di loro, diventato alto dirigente dell’ONU, si ricorderà del mio tonno e mi invierà una fornitura di aiuti umanitari a vita. Vedete dove può portare un piccolo atto di filantropia. Verso mezzanotte qualcuno inizia a finire sotto la doccia, molti fumano nel corridoio e l’aria diventa irrespirabile. Si chiacchiera un po’ fuori dal foyer e si va a dormire, scavalcando il povero compagno di stanza della schiera di quelli di S.Po.

1 Comments:

Anonymous Anonymous said...

ciao! finalmente ho letto il tuo blog, certo che passi delle belle giornate à Paris...
saluti pieni d'invidia,
Joulia

11:41 AM

 

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