Paris is a moveable feast ("Festa mobile" Hemingway). Blog su un erasmus a Parigi.

Thursday, October 06, 2005

vingt et unième jour

So che è monotono, ma ogni mattina comincia con la sveglia. E oggi mi concedo un’ora in più, il corso è alle 11. Il corso è anche piuttosto noioso, lo stesso della settimana scorsa sulla comunicazione, si parla un po’ delle agenzie di stampa (Havas, Reuter …). Il pranzo di oggi è più remunerante: l’ho comprato al mercato davanti a casa, da un tipo meno francese di me che vendeva specialità austriache. Un petit pain au fromage e un’ escargot, quelle deliziose rotelle con i semi di papavero.
Il pomeriggio passa nella biblioteca a riorganizzare ancora una volta il piano di studi e leggere saggi. Ho sempre paura di non fare abbastanza cose al primo semestre e ritrovarmi al secondo col fiato corto. Cioè non voglio dover rinunciare a cinema, conferenze, musei perché ho i tempi stretti all’Università. Così per non rischiare dopo mi sovraccarico in anticipo e ogni tanto mi manca il fiato. Non è che in erasmus siano sempre violette e blue lagoon. Ho trovato una bella metafora per farvi capire. Avete presente quei dipinti di Dalì con gli omini sostenuti da decine di forcole? Ecco, quello succede quando si sta a lungo in un posto: si mettono radici, si acquistano sostegni, dove ci si muove ci sono amici, rassicurazioni. Ci si sente riconosciuti, nel senso che gli altri danno un senso a quello che facciamo. Andarsene significa far cadere i sostegni. Certo, l’erasmus è un “andarsene” iperprotetto, non voglio fare il pioniere, in realtà i bastoni si trasformano in elastici, in sostegni a distanza che possono essere recuperati a ogni momento. E in più il fatto di scrivere ogni giorno è un buon ricostituente, mi sembra di produrre un discorso indiretto su di me e mi serve a capire cosa faccio.
Siamo arrivati alle 17. Un corso di semiologia abbastanza basilare, per tenermi in allenamento e lavorare su dei corpus francesi, vedere se più o meno si dicono le stesse cose. Arrivo a casa alle 7.40 e ho richiesto una “boite” per la cena. Il sistema è geniale: se non si arriva in tempo per cena ci si può far lasciare un tupperware in cucina con il proprio pasto. Quando si arriva lo si scalda, mangia e digerisce. Dopo cena si fa un giro fino a place de la Bastille: io, Robert, Guillame (compagno di stanza di Robert), due ragazze americane e una armena. Si chiacchiera un po’, le americane hanno il vizio di passare all’inglese senza soluzione di continuità, tanto lo conosciamo tutti.
Oggi è cominciato il ramadam, al Foyer c’è gente che mangia tardi e fa colazione alle cinque. Scherziamo con loro, scherzano con noi. Questi musulmani integralisti, fuori dall’Europa!

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