Paris is a moveable feast ("Festa mobile" Hemingway). Blog su un erasmus a Parigi.

Monday, October 03, 2005

dixhutiéme jour

La notte bianca sottintende mattina buia. In qualche modo si deve recuperare il sonno. Il pomeriggio se ne va quindi tra un po’ di sociologia e l’acquisto di una baguette per la sera. Il libro di Durand che stavo leggendo in pratica afferma questo. Anche se la nostra storia ha visto molti nemici delle immagini (in senso lato) un lato meno razionale, più illogico è sopravvissuto e gioca un ruolo forte nella post-modernità. Molti dei nostri giudizi e dei nostri comportamenti sono formati su un substrato simbolico che rimanda a miti innati che hanno subito un processo di sedimentazione e traduzione nel tempo. Oggi con il bombardamento di immagini di Tv e Cinema si rischia un impoverimento dell’immaginazione, un allineamento dei gusti e dei valori, un appiattimento delle capacità critiche individuali. Scuola di Francoforte, direte voi, 1930 al più tardi. No, 1994. Finalmente capisco a cosa ci si riferisce quando si parla dello scontro tra sociologi e semiologi. Non ne cita uno. E pensare che all’inizio (Barthes, Greimas) le analisi non avevano senso che nella e per la società. Ma nel ’94 -Eco scrive da un pezzo, ma anche i sociologi che fanno un po’ di etnografia- si spaccino per novità queste idee sui miti e si creda ancora che la Televisione rimbecillisca, a prescindere da cosa si guarda e come, mi pare un po’ anacronistico. Questo escursus per riempire una giornata un po’ vuota. A parte per la mia performance da nuotatore professionista su cui non vale la pena soffermarsi molto. Gli annali sportivi parleranno per me.
La sera vado alla Cinémathéque a vedere La grande illusion di Jean Renoir. C’è tutta una retrospettiva e una mostra sull’influenza del padre pittore sul figlio cineasta. Mi aspetto un polpettone invece è giocato tra ironia e rassegnazione. L’inutilità degli uomini in guerra (film del 1936, guerra mondiale numero uno) e il trattamento lussuoso riservato agli ufficiali prigionieri. C’era ancora un po’ di rispetto per la nobiltà che scomparirà nella seconda guerra mondiale. C’è una scena in cui gli ufficiali cambiano prigione e vengono elencati i loro tentativi di evasione. L’ho già vista, ne sono certo, ma non riesco a ricordare se fosse una citazione in un altro film o un estratto. Frase memorabile. I due prigionieri scappati arrivano alla frontiera svizzera, uno dice che non la vede. L’altro risponde “Oui, bien sur, les frontières sont pour les hommes, la nature s’en foutre”. Mi compiaccio di riuscire a capire il film sebbene senza sottotitoli. La serata termina così. Fa freddo. A presto un piccolo manuale (o decalogo) dal titolo “Lo studente Erasmus”, attendo ispirazione e ironia.

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