Paris is a moveable feast ("Festa mobile" Hemingway). Blog su un erasmus a Parigi.

Monday, September 26, 2005

Onzieme jour

Mi alzo con un programma - e delle madeleine. Tre mercati, due studenti, un solo scopo: trovare una bici usata a poco prezzo. Porte de Montreuil, Porte de Glignancourt, Porte de Vanves i mercati. Io e Johannes (ted.) gli studenti. Impossibile l’obiettivo. Porte de Montreuil è il più grande mercato delle pulci di Parigi. Molte pulci in effetti. Vecchi mobili, materassi, compressori, ruote, scarpe, vestiti, sigarette, orologi, niente cibo. Bici usate al prezzo concordato di 60 euro. Troppo. Lo studente erasmus è povero, per definizione, non per capacità reali. Per il resto preferisco i mercati alimentari di Belleville o quello dei libri del parco Brassens. Camminiamo tanto e parliamo tantissimo in francese, che nobilita anche i discorsi più banali. Dopo aver troppo camminato ed esserci rassegnati a noleggiare una bici all’occorrenza ci concediamo il jardin de Luxembourg. A Parigi è arrivato l’autunno, stagione che le dona molto. Seduti sulle sedie di ferro smaltato di verde, intorno alla vasca con i pesci. I bambini si sporgono dicendo “Regardez! C’est enorme!” Gli alberi sono tagliati geometricamente, spugne rettangolare sporcate nella tavolozza dei rossi e dei marroni. E’ la stagione dei maglioni leggeri, dei pantaloni di velluto, di una sciarpa gettata sulle spalle. Oggi però basta ancora la maglietta. Johannes mi chiede se ho un libro. Certo, tu? Sempre. Questo è buon e giusto, ottima compagnia quella che prevede la solitudine della lettura. Leggiamo un po’ poi lui se ne va a incontrare un amico. Finisco le lettere Persiane -finale alla Stendhal, un millefoglie di voci che si accumulano e una soluzione tragica, inattesa che tira un calcio al castello di carte che ci si era costruiti-. Poi vado a sedermi al bordo del lago centrale, i bambini spingono i loro bateaux a vela con delle canne o dei bastoni di legno, bordeggiano per un po’ lungo l’argine poi li lanciano. Ne aiuto uno che ha dei problemi a recuperare il mezzo. Io lo tengo, conto “un deux trois” e lui lo lancia, corre via con un “Merci Monsieur”, mi sento felice come se vedessi mio figlio giocare, o come se fossi io. Con i bastoni non si picchiano, al massimo tracciano dei disegni per terra. Me ne vado, penso di rientrare a casa, ma è presto per abbandonare quest’aria pulita, questi polmoni nuovi. Le gambe non sono stanche, mi sento un fantasma che attraversa un’umanità felice. Rue de la Hucette, dietro Shakespeare and Co. è piena di gente e di cucine diverse, davanti a Notre Dame c’è la festa dei giardini di Parigi.
E’ ancora presto, non voglio lasciare questo buonumore. In fondo, anche senza star male, sono poche le occasioni in cui si sta veramente bene. A volte da soli, a volte in due, raramente in tre, mai in quattro. Arrivo a Pont Neuf sul lungo Senna, eleggo il mio palazzo preferito (più basso degli altri, tetto marrone, camini che si allungano a raggiungere gli altri), ma non ho con me la macchina fotografica. Salgo, trovo Place Dauphine. Siamo in un film, un appuntamento sulla panchina, la gente che guarda invidiosa bevendo vino, foglie rosse che cadono avvitandosi. Non si sente il traffico, la camera inquadra gli alberi da un’altezza media, poi si alza a volo d’uccello e si tuffa nell’Ile. Davvero la piazza è fuori dal tempo, l’aria è più rarefatta, i colori più netti, ci tornerò, oggi non c’erano tavoli liberi per un verre de rouge.
Adesso torno a casa, la serata passa senza accadimenti: mangio formaggi, scrivo qualche mail, bevo una birra e un altro giorno è andato. Preoccupazione prima di addormentarmi: domani comincio, che esami potrò fare, riuscirò a saperlo? Capirò qualcosa?

1 Comments:

Anonymous Anonymous said...

bella avventura!

12:00 PM

 

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