sixieme jour
Dalla mia biografia futura, postuma, non autorizzata:
“Era dura in quei giorni. Svegliarsi presto era l’ultimo dei problemi. Una colazione veloce, alcuni documenti a caso dentro uno zaino, una breve sosta in edicola e poi l’autobus. Oltre Bastille, oltre il Marais, si fermava tra Pont Neuf e il Louvre. Attraversando la Senna la mattina pensava a quella poesia di Wordsworth che parla di una Londra ancora addormentata, una Londra-Natura. Parigi non dormiva, la Senna distruggeva e ricreava il suo letto ogni notte, per niente contrariata che intorno a lei si costruissero case, si scrivessero romanzi, si bevesse bordeaux. Le sarebbe bastato poco altrimenti ad affondare l’Ile piuttosto che fornire uno specchio al grigio dei ponti e alle macchie del sole. Tutto questo passava per quella fulgida mente del nostro secolo mentre attraversava Quai Conti e arrivava a Saint Péres. Le cronache tacciono su cosa avvenisse là dentro, niente più che un corso di francese si ha ragione di credere. L’unica congettura autorizzata dagli scontrini di quel periodo è che nella cafétéria si vendessero pain au chocolat e pain aux raisines che erano lontani dalla normale pasticceria come il paté dalla simmenthal. Sulla nota “una pasta fragrante, umida e leggermente elastica, che opponeva una piacevole resistenza e si sfogliava in bocca” gli esperti sono al lavoro per determinarne l’autenticità.
Il pomeriggio del secondo giorno di corso poi, è da tutti conosciuto per essere l’argomento del romanzo “Un jour dans les fiches”, flusso di coscienza di uno studente alla ricerca di fogli d’iscrizione, fototessere, tessere studentesche, corsi e orari. Come tutti saprete il filo conduttore dell’opera sono le riflessioni su come tutto questo si potrebbe evitare con il semplice utilizzo delle tecnologie informatiche. Erano giorni duri, ma per riprendersi bastava entrare in una libreria di rue des Ecoles, o, per cancellare ore di stress, alla libreria J.Vrin, in place de la Sorbonne. Era un piacere passeggiare tra gli scaffali di filosofia, tra libri dal dorso bianco sorvegliati dai tomi più anziani in alto. Lo sconto con la tessera studenti, appena fatta, lo spinse all’acquisto di “Mille plateaux” di Deleuze e Guattari, éditions de minuit. Carta di qualità, buona rilegatura, copertina minimalista e il giusto peso. Niente di meglio. I guadagni della giornata, giunti fino a noi, sono la tessera di studente a Parigi e quella per la Citè.
La sera poi, finalmente, il Nostro aveva l’occasione di uscire con altri studenti Erasmus. La prima uscita era stata Montmartre, una baguette e del vino sulla scalinata del Sacré Coeur, a parlare di progetti, piani di studio, Francia, formaggi e musei. Ore 7: sei italiani, e otto tedeschi. Alle 7.15 solo tedeschi e un italiano. Le compatriote sono andate a bere qualcosa da sole. Le registrazioni dell’epoca evidenziano come il loro francese fosse terribile (“Ge vudre saver ù è, cioè, u se truv…”). Poco male.
Testimoni oculari raccontano che la serata finì a chiacchierare in un bar di Montmartre, vicino a Pigalle, sempre delle stesse cose: tu dove abiti quanto spendi cosa studi quanto tempo resti? Alle 10.30 il Nostro si ritira e con l’aiuto di Montesquieu cade in un sonno dolce e senza accadimenti.”
0 Comments:
Post a Comment
<< Home