Recensione culinaria.
Se centinaia di amici, conoscenti, mendicanti e re fossero venuti a bussare alla mia porta per un anno consigliandomi di leggere quell'imperdibile capolavoro che è Il Codice Da Vinci non avrebbero spostato di un centimetro la mia convinzione che sia al massimo un buon combustibile. Questo per dire che in fatto di gusti non mi lascio spesso influenzare. Ma se almeno 20 persone, alcuni amici, alcuni parenti ti suggeriscono per due anni un ristorante (il bar Sole) inizio a incuriosirmi. Sta di fatto che, dovendo portare a cena due persone a me tra le piu' care al mondo decido di fidarmi di un posto che non avevo mai visto prima. Trovate l'errore.
Sulla strada per raggiungere questa perla immacolata del nostro patrimonio culinario inizio a sentire l'odore della disfatta. Primo segnale: macchine parcheggiate sulla strada (tipo: mi appoggio qui). Poi un escalation. Ingresso via bar, sotto facciata di intonaco un po' scrostato e un po' coperto da telone blu-bianco stile restauro perpetuo. La permanenza del provvisorio, un topos italiano. Porta in alluminio marroncino che non resisterebbe nemmeno all'uragano Giorgetto (brezza di mare forza 1). Evitiamo la veranda in plastica Poco Prezzo Tanti Coperti che sa un po' di festa dell'unità e tanto da sfollati e ci sediamo. Vogliamo incominciare con la disposizione dei tavoli? Sorretti da gambe di acciaio lucido ascendente assa da stiro e coperti da doppia tovaglia plastica-plastica e plastica-tessuto. Orientati in modo da poter godere appieno dello sganasciamento dei dirimpettai, e vicini al punto giusto per avere (gratis!) gomito, piatto, bestemmie e alcolemia del vicino a domicilio. Pareti bigusto giallo-bianco stile asilo con fascia decorativa allo scambio dei due (che finezza!). Alle pareti l'equivalente moderno dei filosofi dello studiolo di Urbino: maglie di giocatori autografe conservate sotto vetro (di Gand?). Atmosfera fredda. Piastrelle e anomia. Lampade alogene in numero di otto, che nemmeno allo stadio, appese a due ventilatori. Per vedere bene cos'hai nel piatto. "Però dai non si mangia male". Crostini che sanno di crostini e ravioli buoni. Oh certo, contando che l'aspetto penalizza ogni cosa la sorpresa di trovare dei gusti veri è grande. La tagliata è preparata dal cuoco secondo la filosofia del "porta un amico" ovvero "piu' si è meglio è". La si deve conquistare sotto un'overdose di funghi crudi, un cappotto di rucola e un cappello di scaglie di grana. Pero', sotto sotto, non è male. Un buon morellino di Scansano (che basta comprarlo e di solito sa lui cosa fare) e acqua-acqua. Banchetto del contabile di fianco alla vetrina dei dolci. Si paga al laureato del gruppo e si esce per lo stesso bar. Fuori si gioca a carte e si litiga con i bambini, arriva il babbo e i giocatori si difendono. Etnografia a un passo da casa. E pensare che Levi-Strauss è dovuto andare fino in Brasile..
Per finire: il piccolo gioco delle differenze. Spartano vs kitsch (si accettano proposte migliori per "kitsch"). Spartana è una donna che per vestirsi con 10 euro compra una tunica di lino e una spilla per capelli. Kitsch è una donna che con la stessa cifra compra due gonne di nylon e camicetta omologa, tre anelli di plastica e un ciondolo di gomma. Spartano è un ristorante dove ti danno tovaglie di carta e vino in caraffa, il menu' è scritto su una lavagna. Kitsch è il posto illuminato a giorno, pavimentato in piastrelle, ogni portata ha una foto sul menu' plastificato e colorato, i camerieri hanno la stessa maglia, ma pantaloni lunghi e corti. Spartano è un onesto bicchiere di vino, Kitsch è il parvenu, il bariccato in botti di finto rovere.
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