Paris is a moveable feast ("Festa mobile" Hemingway). Blog su un erasmus a Parigi.

Tuesday, April 17, 2007

News

Per chi capitasse ancora qui rimando al mio nuovo blog:

verticaljetlag.blogspot.com

e alle mie foto su Flickr


www.flickr.com/photos/vandicla

Wednesday, July 19, 2006

Adieu

Almeno una pagina di chiusura ve la devo. Ma non diciamo di chiusura, chiamiamola “pausa”: estiva didattica, esistenziale. Fate voi.
Perché alla fine in Italia ci sono tornato. Finito l’erasmus, preso il treno, salutata Parigi. Con una pausa ad Amsterdam tra bulbi di tulipani e un indimenticabile concerto di Ben Harper.
E allora che dire nell’ultima pagina, quella che in teoria uno progetta dall’inizio?
“This-is-the-end-my-only-friend-the-end”. O “Ne-me-quitte-pas” (per farla più francese).
“E’ stato bello, lo consiglio a tutti”
La sindrome da rientro è la stessa un po’ per tutti. Vagamente simile alla sindrome da fine esami. Una domanda prevale: E adesso? E poi? Solitamente un paio di settimane prima di rientrare si cercano già altri progetti, vie di fuga, scappatoie. Poi ci si rassegna, in fondo non è così male.
Rende più semplice l’addio il caldo estivo a Parigi e in tutta la Francia.
I give you my farewell.
Il blog continua, tenetelo d’occhio.

Tuesday, June 20, 2006

Realismo

Che poi uno dice: vabbé, l'ex re rubava, riciclava, commerciava, prostituteggiava, ma almeno era regale. Voglio dire, se leggi i verbali non sarà roba tipo Moggi o tipo i pizzini di Provenzano (per altro ottima annata per la nostra immagine all'estero) come "aoh, mo' aqquello ye spaccamo la faccia". Ma qualcosa come "Messere, la prego di depositare la cifra pattuita con il Visconte di treccase sul mio conto, per questo servigio riserverò per lei una quota dei miei possedimenti agricoli".
E invece:
Il 13 marzo, parlando al telefono con Alberto Bochicchio, Vittorio Emanuele commenta la trasmissione di Lucia Annunziata "1/2 ora" abbandonata da Berlusconi: "Io le avrei tirato pugni in bocca e le avrei spaccato il naso, è veramente una comunista z...... e b...... come la fame" (da www.repubblica.it)

Saturday, June 17, 2006

Cal-do/cio

Quando poi fa caldo, fa caldo davvero. Si cambia di dieci gradi in due giorni. E ci si lamenta come prima si faceva del freddo. La città risplende, i parchi sono pieni come le galeries la fayette il weekend, il consumo di liquidi aumenta drasticamente. Ma se vuoi andare in una piscina all’aperto c’è un’ora di coda. Se prendi il Metro rischi lo svenimento, i ristoranti con terrazza sono pieni, il mare è lontano. In poco tempo ho cambiato le mie idee circa il cinema d’estate. Ottimo luogo in cui stare al fresco un paio d’ore (arrivare in anticipo è consigliato). Film: “Bled number one” una serie di storie dure trattate con leggerezza che si incrociano senza mai terminare in un villaggio al sud dell’Algeria. “Seven Chances” di Buster Keaton: lui deve sposarsi entro le 7 di sera per ricevere un’eredità milionaria. Idee cinematografiche geniali (il tempo che passa, mostrato attraverso il cane che cresce), sequenze comiche ancora valide a 70 anni di distanza (lui inseguito da pietre rotolanti e spose furiose). Capolavoro.
Oppure si possono scegliere i musei. L’Orangerie riapre dopo sei anni. Le ninfee di Monet sono finalmente ben illuminate (muri bianchi, luce naturale filtrata da un telo sul soffitto a vetri), da lontano ci si immerge nelle macchie di colore senza forma, si va alla deriva. Da vicino si seguono i tratti del pennello, la materia blu, verde, gialla. Poi a sorpresa una collezione bellissima tra Modigliani, Picasso, Utrillo, quello che Paul Guillaume non ha venduto.
Lo stesso pomeriggio al Louvre, ora tarda, museo deserto, poco tempo ma in libertà.
Johannes, che è stato con me tutto il giorno, passando a fianco di un piccolo giardino vicino alla Senna in cui abita una statua di Voltaire crea la frase perfetta per definire l’unicità di Parigi:

“In Germania nei giardini mettiamo gli gnomi, qui c’è Voltaire”

Mi chiedono poi di come sia la Coppa del Mondo in uno studentato pieno di gente ad tutta Europa. Molto sportivo, si guardano le partite con i rappresentanti nazionali delle squadre. Stereotipi a pioggia (gli italiani segnano e poi fanno catenaccio, i tedeschi solo di testa). Fortunatamente il pareggio della Francia permette la rivincita alla minoranza estera. L’unica cosa su cui tutti concordano è il contro-tifo per l’Inghilterra, che ci mette del suo giocando malissimo. E’ bello sentirsi chiedere “Quando giocate voi?”. Ma per apprezzare la ricchezza multiculturale del posto non c’era bisogno di aspettare il calcio, bastano quattro chiacchiere la sera, una passeggiata in un parco, cucinare insieme.

Friday, June 09, 2006

Mari

Assenza lunga e ingiustificata. Non mi sorprenderei se il mio schermo fosse l'unico a leggere queste righe, sarete già tutti scappati al mare. Io ci ho provato. Una prima volta in Normandia, per dare l’addio alla casa di Benjamin (festa alla sera, mi lasciano la cucina: 4 chili di pasta, pomodori, tonno, olive, formaggi, pancetta, mais). L’unica acqua toccata è quella della piscina al mattino. Per la prima volta capisco l’utilità di una piscina al mattino. Non andare alla deriva oliati sotto il sole con un cocktail e la musica di Simon and Gurfunkel (vd. il Laureato), ma buttarcisi la mattina per svegliarsi. Scopro anche che in Germania un buon modo per riprendersi dai postumi di una festa notturna è fare colazione con brodo e maccheroni. Questo non lo sperimento. Il mare vero ha ancora un’aria troppo fredda per essere avvicinato, sulla spiaggia si depongono chili di alghe. Il battello che va in Inghilterra pare ci metta 4 ore, ma 6 se parte la sera, per non arrivare troppo presto.
Passata la Normandia rientro qualche giorno in Italia, un temibile esame di francese mi attende a Bologna, il mare mi attende a Rimini. I bollettini sono: caldo, caldissimo, estate. Arrivo e dal treno si scorge la neve sull’appennino emiliano. Bollettini sbagliati? Tempo cambiato all’ultimo. Resterà freddo e umido per tutta la settimana. Di cosa ha voglia un italiano rientrando in Italia? Pizza, sole, battute sulla politica, quattro chiacchiere con amici, anche a mezza voce tanto ci capiamo.
Di cosa si ha voglia rientrando a Parigi? Di passeggiare molto, di musei (expo Godard al Pompidou, inutile e senza pretese), di negozi di macchine fotografiche (La maison du Leica, vicino a Bastille, vetrine invalicabili) di cinema in lingua originale (Marie-Antoinette di Sofia Coppola: carino, ma disturba un po’ nella pretesa di attaccare le sceneggiature del film adolescenziale un po’ ovunque, dalla musica ai vestiti rosa, alle lacrime represse). Caldo, sole, giardini, voglia di camminare. Mondiale di calcio imminente in un foyer dove non ci sono più di tre persone della stessa nazionalità.

Thursday, May 25, 2006

tombe, jazz etc.

Può capitare che un pomeriggio si abbia la vaga sensazione che Parigi abbia dato ormai tutto. Conosci gli angoli dove c’è vento, e quelli silenziosi. Disponi degli scorci come di istantanee da incollare alle situazioni. Qui si mangia bene, là sono antipatici, la prossima a destra, tra poco ci siamo. Non dico che arrivi ad annoiarti, ma non pensi più alla sorpresa, ecco.
Poi quando hai un’ora di tempo prima di lezione decidi di cercare quel piccolo cimitero a Montmartre di cui hai visto una foto, un giorno. Cimiteri Saint Vincent, vicino al Lapin Agile. Per un buon tratto vedi solo un muro coperto di rampicanti, chiedi indicazioni: svolta a destra poi ancora una volta. Entri in un quadrato in pendenza, avvolto dalle case, un orto con tombe al posto dei pomodori. Statue verde rame, pensatori e amanti come al solito. Gli alberi della via centrale sono stati piantati da poco, più in alto una terrazza riservata ai primi abitanti del cimitero. Di corsa a lezione dopo una visita veloce. Scattare foto alle statue è un piacere, tengono sempre la posa che richiedi, anche mentre gli giri attorno. Non sempre è così: potrei fare un port-folio di foto mancate. Marais: via stretta, due uomini vestiti in completo rabbinico cercano di partire in bicicletta, dondolano un po’ appoggiando sui pedali. Non faccio in tempo a regolare il fuoco che il pilota ha l’unico scatto da velocista della sua vita e svolta a sinistra. A Montmartre, gatto alla finestra con tenda mossa dal vento, mi fissa, pare non abbia nessuna intenzione di rinunciare al suo momento di celebrità. Ma uno dei mezzi più rumorosi di questa terra (camion nettezza urbana) arriva a disturbare l’idillio, lui scappa e non si ripresenta più. Potrei aggiungerne decine.

Lato concerti invece la settimana è illuminata di grazia. Lunedì sera Stefano Bollani (più tutto il quintetto: Gori, Guerini, Spinetti, Calcagnile, special guest Petra Magoni). Composizioni con strumenti urlanti, boccacce ai musicisti, una specie di Frank Zappa per la musica e di Benigni per la simpatia. Gioca molto sulle note basse del piano, alza i gomiti e muove le dita come se stesse tessendo una rete di minuscole biglie. Si può chiamarlo jazz volendo. Varietà, improvvisazione, andrebbero meglio. Bravissimo come già detto Spinetti al contrabbasso.


Mercoledì si passa invece alla classe di Enrico Pieranunzi. Stile da grande pianista, girocollo nero, gesti calcolati, velocità e precisione. Non salta sui tasti come Bollani, li scorre, dando a ogni dito la meritata indipendenza. Al contrabbasso c’è il più grande contrabbassista che abbia mai visto: Hein Van De Ghein. Il grande gigante del Jazz. Un metro e novanta per una circonferenza e una faccia da campione di wrestling. Balla il tango con il suo strumento che suona con tutte e dieci le dita. Si piega, lo stende, si appoggia di lato, canta sussurrando ogni nota che produce. Aggiungete André Ceccarelli alla batteria (a volte troppo forte, come sempre in un piccolo locale) e avrete uno dei migliori trio jazz in circolazione.

Sunday, May 21, 2006

Pensieri spettinati

Le settimane vanno sempre più veloci. Per esempio non so più quando collocare un gelato al caramello al burro salato da Berthillon, sull’Ile saint louis. E nemmeno “La donna di Shanghai” di Orson Welles con la Hayworth (seguito da “Gilda” in cui lei appare strappando applausi a ogni movimento dei capelli, uomini svengono in sala quando canta “put the blame on mame, boy” mentre si sfila il lungo guanto nero). In compenso so di venire da una notte al cinema (Nuit Almodovar allo Champo). Volver è un capolavoro, forse il suo film migliore. Citazioni di cinema italiano, pale per l’energia eolica nella mancha dei mulini a vento di Cervantes. Almodovar sa penetrare nel senso comune per servirsene a piacere. La satira della Tv non è mai stata così feroce, la sceneggiatura è sempre geniale. Colori caldi, sensuali, Hopper soprattutto. Le vite si intrecciano davanti alla camera, sembra tutto separato, ma qualcosa lega sempre ogni molecola alle altre. Riflessione sul potere evocativo del cinema. Morti tornano in vita, si possono spiare il quotidiano e il soprannaturale allo stesso tempo. Penelope Cruz, mai cosi bella, è ripresa come una diva popolare italiana. I sentimenti e i ricordi sono vivi negli oggetti, non apparizioni eteree (fumo, arpe, luce diffusa) ma carne e ossa. I personaggi cambiano identità e ruoli secondo l’improvvisazione scenica, la musica spagnola non lascia respirare. Gli altri due film della notte sono “Tacchi a spillo” e “Matador”. Meglio il primo del secondo, la scena con la traduttrice per sordo-muti è da storia del cinema. Sempre in settimana “Hable con ella”, uno dei film più forti mai realizzati. Movimenti della camera misurati, tema? vita, morte e altre sciocchezze. Come viviamo, per noi, per gli altri.
Giovedì (ricordo la data!) vado alla presentazione di un disco alla Defense: Musica nuda 2 di Petra Magoni (voce) e Ferruccio Spinetti (contrabbasso).
Un capolavoro, due virtuosi con difficoltà in francese e tanta modestia. Passare dai beatles a Haendel nello spazio di una canzone non è banale. Si cantano “Over the rainbow” e “Quant’è buono il cacio con le pere” nello stesso album, per dire che quello che conta è la musica, come la si fa, come la si ascolta. E qui la si fa ai massimi livelli, divertendosi pure. Ascoltarla è un piacere, peccato non provarlo.