huitieme jour
A Parigi è piena estate, mi sveglia un cielo azzurro teso, senza pieghe. Sono ancora in camera da solo, non ho ancora iniziato i corsi. Sono in un limbo in cui si passeggia respirando l’odore del pane. “Verrà il giorno..”. Mi sembra di essere qui da molto più di una settimana, solo la lingua ancora incerta mi serve come clessidra. Oggi sarà una gran giornata. Arrivo in anticipo a Saint Péres e cammino un po’ prima di salire, mi fermo a guardare le stampe anatomiche di una vecchia libreria di medicina con l’insegna verde. Compro Repubblica, e penso che il governo non cadrà nemmeno questa volta -di T. che torna ministro non voglio neanche parlare, affari vostri-. Dopo il corso qualcuno mi invita al Luxembourg, ma rimando a domani, ho già un obiettivo: il Marais. Tre giorni a baguette o insalate sono una buona scusa per mangiare qualcosa di buono. Arrivo a Saint Paul e prendo rue Pavèe. Proprio oggi ho lasciato a casa cartina e guida, sono in esplorazione. Rue des Francs Burgeois sarebbe già l’attrazione in un altro quartiere, ma qui c’è di meglio. Strade più piccole, vicoli su cui i balconi si sporgono portandosi dietro le facciate. E’ un ghetto particolarmente riuscito, in cui si alternano cucine e religioni. Molti ebrei, alcuni arabi. Negozi piccoli e barocchi. Tutto il mangiabile in 20 mq. Gli odori lottano per armonizzarsi e le insegne avvisano se quello che si vende sia religiosamente assumibile: tipo “piace anche al rabbino capo” oppure “Kosher Pizza”, dietro una facciata verde pastello, con porta a vetro oscurato e rete metallica al posto della vetrina. Solo la morte potrebbe impedirmi di tornarci. Rue Vieille du Temple è un fiume capolavoro con tanti piccoli affluenti ancora migliori: rue du Tresor, trappola senza uscita con due schiere di ristoranti, e rue Cloche Perche, una terrazza rialzata su rue de Rivoli, con due ristoranti e un barbiere. Alla fine di Rue de Guillemites, c’è Notre Dame des Blancs Manteaux, all inclusive con giardino di salici.
In Rue de Rosiers, oltre al ristorante di Joe Goldberg, ci sono alcuni piccoli bistrot che promettono di cambiare menù ogni giorno, li tengo buoni nel caso non trovi di meglio. E di meglio arriva, se non Il meglio. In Rue de Sevigné vedo sulla destra, in fondo a un vicolo, degli alberi, uno spazio aperto. Provo a raggiungerlo e mi ritrovo in Place du Marché de Sainte Catherine, evidenziatissimo sulla mia guida rimasta a casa. Accolgo con piacere questo segno del destino -lo stesso spirito che mi ha consigliato il posto mi starà guidando- e decido di fermarmi qui. Cercate di capire: a pochi passi da rue de Rivoli, dai negozi, dalle sedi delle aziende c’è una piccola piazza quadrata, con quattro alberi. Senza alberi sarebbe un incrocio. Ai quattro angoli quattro ristoranti: kosher, tailandese, brasserie e francese. Quello francese si chiama “Belle Histoire”. Sedie di ferro smaltato e tavolini richiudibili, menù del giorno sulla lavagna. Ciondolo un po’ in giro poi mi siedo qui. Nella capitale d’europa ci si sente come in un paese di mille abitanti, manca giusto una fontana perché sia il centro di un villaggio. Opto per l’opzione entrée e plat. La prima è un “crostillantes de chevre chaud”, prima che arrivi sento già la condanna per golosità-lussuria (qui si sconfina). E’ una rotella di chevre fatta rosolare con un po’ di pane grattato e olio, su un insalata con vinaigrette. E baguette croccante, ovviamente. L’impanatura leggermente croccante copre la pasta corposa del formaggio caldo, avvolto dalla propria scorza. C’è da innamorarsi. Il secondo sono delle fettine di maiale al miele, con delle zucchine sotto crosta di formaggio. Mi cambiano le posate e il cestino del pane, me ne spetta uno a portata. Miele e maiale gareggiano a chi sia il più dolce e le zucchine neutralizzano il sapore altrimenti troppo forte. E’ una cucina che vela (il pangrattato, il miele, il formaggio) per lasciare il gusto di penetrare la superficie, e aggiungere un gusto più delicato, esterno, rispetto al corpo del cibo. Mentre mangio una donna africana, magra e vecchia, con un vestito a fiori passa per i tavoli (tre) per offrire la lettura della mano. Non voglio conoscere il mio futuro, il presente mi basta, con qualche modifica non ne vorrei affatto di futuro, ora. Caffé. Il conto mi conferma che avrei potuto mangiare due volte da Mcdonald’s, c’è da ragionarci su.
Certo, se uno torna subito a casa cade in depressione, ma rue de Sevigné è proprio li, con il museo Carnevalet, le sue stanze, i soffitti, i pavimenti in legno, la camera di Proust. Il giardino, che si raggiunge da una via perpendicolare è il luogo migliore per leggere. E’ un giardino interno al palazzo, con una colonnato a destra, delle aiuole al centro e le facciate del palazzo ricoperte di edera e di vite americana dalla testa ai piedi. Romanzo: lei nobile e ricca si innamora del giardiniere più giovane. Amore, “vorrei ma non posso”, intrighi e reputazione da salvare, un morto nascosto dall’edera sulla panchina bianca di destra.
Vado a prendere l’autobus a Saint Paul. Non è un’attesa, è un corso di sopravvivenza alle tentazioni. A destra una rosticceria con odore di pollo arrosto e circa mille cosce in esposizione, a sinistra “Le duc de canard” negozio delizioso di foie gras e salse francesi, con tanto di musica e anatra in terracotta all’entrata, qualche metro più avanti in successione “atelier chocolatier” “le maitre du fromage” e un negozio di vini. Salgo sull’autobus senza comprare niente e ho un buono per entrare nell’ordine francescano, altro che tentazioni di satana.
La sera bisogna uscire: è l’ultima sera del ragazzo tedesco. La Tour Eiffel, vista dal Trocadero è ancora più bella, anche gli Invalides sono illuminati. Una giornata intensa si merita di finire con centinaia di lampadine che lampeggiano a intermittenza. Si ritorna a casa dopo aver passeggiato per gli Champs Elisée. Qualcuno ha fame, si cucina qualcosa, i due tedeschi mangiano pasta e io offro la sauce picante che ho portato dall’Italia (dalla Romania in realtà). Sì sì, sì sì. Li avviso più volte di non esagerare. Sì sì. Mangiano e restano a bocca aperta, finiscono tutto con gusto, non so se perché gli piace o per orgoglio. Tutto sommato una giornata passabile. No?
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