Paris is a moveable feast ("Festa mobile" Hemingway). Blog su un erasmus a Parigi.

Saturday, September 24, 2005

neuvième jour

J’ai une velò. Je n’ai pas le cours de langue. Più in dettaglio: il tedesco dipartito mi ha lasciato in eredità una bici di un ragazzo che tornerà a Parigi tra tre settimane. Non vado al corso di francese perché alle 11 c’è una riunione all’Università. Colazione chez moi (madeleine e succo d’arancia) e parto alla conquista del mondo a bordo della mia poderosa mezzocilindro rossa, sgonfia e bassa. Una porche a Bologna, un ronzinante azzoppato a Parigi. Il traffico -che qui credono impraticabile- è invece molto più disciplinato. All’andata rue de Charonne è in discesa, sfreccio tra boulangeries e cassette di frutta, siamo a metà tra il Marais e Belleville. In quindici minuti sono in rue de Fourcy e attraverso l’Ile Saint Louis. Mi compiaccio di ciò con una foto alle terga di Notre Dame. Ogni tanto ho bisogno di prendere coscienza della cosa, mi fermo, chiudo e riapro gli occhi, cerco di fare entrare più immagini. Non vale la pena di appuntarsi tutti i nomi dei posti “qui ci devo ritornare”, ho deciso di farlo solo in casi eccezionali. Rue du Cardinal Lemoine (ricordo di Festa mobile), rue des Ecole e la Sorbonne. Dove sarei potuto passare per giorni implorando un ingresso, pensando ai soliti fortunati, oggi ho una riunione. Anche se non imparo niente ne è valsa la pena. A Parigi sai sempre che puoi fare di più o diverso. Visivo, uditivo, meditativo. C’è un vestito mentale per ogni giornata, un guardaroba di abitudini per ogni occasione. Gli scienziati sono alla ricerca di quel tale che un giorno è stato ascoltato mentre diceva “non trovo quel libro” o “non c’è un posto in cui..”. Babele non è stata distrutta, il monumento all’ambizione umana, l’accumulo di miliardi di pagine, fotogrammi e zuccheri non si è mai fermato, ognuno porta qualcosa, in un senso o nell’altro.
La riunione, coordinata da una donna -quindi molto meglio riuscita di quella del Master di mercoledì- presenta i corsi e i professori. C’è una predominanza maschile netta che mi delude un po’. L’età media tende al livello sequoia, il tasso di ironia e bon ton (ognuno conclude con “Merci”) è alto. Nessuno applaude agli interventi, finalmente. Il professor Gaudard mi conferma che anche per gli erasmus ci sono possibilità di stage. Gongolo. Mi chiede se sono tedesco. No, Italiano. Ma non hai l’accento italiano. Compiacciomi. Da quando sono qui mi hanno dato dello svizzero, dell’Olandese e del Tedesco. Meltingpottomi. Uscito, recupero il mio bolide- ah se il Che avesse avuto questo sulla Panamericana- e vado a pranzare con altri colleghi al Jardin du Luxembourg, verso il Jardin du Cavalier de la Salle, dove ci si può sedere sull’erba. Vista magnifica, baguette, insalata.
Sulla via del ritorno trovo due negozi di bici nuove e usate. Le usate a 190 euro e la fatica fatta per tornare a casa mi fanno rivedere i miei progetti. Proverò ai mercati periferici; una buona idea sarebbe lasciare una base mobile in centro da raggiungere in metro. Questo se il prezzo di un possibile furto non fosse elevato. Ritorno attraverso il Marais, passando per place des Vosges, e arranco per rue Charonne, questa volta in salita. Ansimo fino al quinto piano. Doccia, cena. “Usciamo?” una coalizione franco-tedesca mi trascina nuovamente a Montmartre, non faccio resistenza. Bordeaux, musica e luci dal Sacro cuore, passeggiata per Place de Tentre e ritorno in Foyer. Chiacchierata finale in camera mia, l’unico senza coinquilino. Si incrociano dati italo-tedeschi sul destino europeo. Pochi vorrebbero restare nel proprio paese, nessuno ha una buona economia, l’Italia è a zero prospettive, la Germania un progetto mancato. Si conclude che comunque da noi la situazione è disperata, che la Costituzione Europea bocciata è stato un brutto colpo, che in Germania purtroppo non c’è un cancelliere e in Italia purtroppo c’è. Nessuno crede che i nostri magistrati siano attaccati dalla politica, tutti credono all’influenza del Vaticano. Ce l’abbiamo noi, ce l’abbiamo noi.

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