quatorziéme jour
Oggi corso alle 11, ho tutto il tempo di leggere un po’ prima di arrivare. Il titolo della lezione è “Sensibilità post moderne”, un po’ stiracchiato tra Simmel e il gruppo communication degli anni ’60 (Barthes, Eco, Greimas e ci mette anche Morin) mai sentito parlare di? Queste cose le facciamo meglio a Bologna, decisamente. Se solo le università non fossero blindate potremmo rivendere alla Francia la sua stessa semiotica. Come ci hanno spiegato qui procedono per rivoluzioni, quando una cosa non va si cambia, vale per le costituzioni e per la cultura. Ci sono infatuazioni di massa (semiologia, strutturalismo, psicanalisi, esistenzialismo) e cicli di oblio. Adesso pare ci sia una riscoperta di Deleuze, lo si trova ovunque (sarà per i dieci anni dalla morte) e un nuovo amore cinematografico (sarà per la riapertura della Cinémathéque). E comunque il corso mi annoia un po’, già fatto, già sentito. Se gli studi di comunicazione non si rinnovano diventano banalità, schiuma. Forse quegli studi che sono più vicini alla massa sono quelli che più rischiano di venire assorbiti se non si rinnovano. Voglio dire: studiamo le Soap, in un primo momento diciamo che sono il male, poi che dipende da come, quando, con che le si guarda. Oggi ogni essere anche prossimo all’analfabetismo sa dirvi: “Si, guardo il Grande Fratello, ma con spirito critico. Non ci credo, non mi colpisce, dipende come lo si guarda”. Quindi se nelle Università continuiamo a insegnare questo tanto vale usare “Chi” come manuale del corso. Chi invece studia i palinsesti dei benedettini è meno esposto a questo rischio, a meno che domani non inizi una trasmissione dal titolo, che so “Di palo in sesto” in cui i concorrenti devono ricomporre e tradurre dal latino manoscritti del ‘200.
De toute façon, dopo il corso parte l’operazione Cinémathéque. Io e Sonia ci mangiamo un kebab salutare e leggero e raggiungiamo rue de Bercy. Vi ho già detto che l’edificio è di Ghery,



Ne esco molto stanco, neanche questa sera uscirò, in compenso guardo “The african Queen” in attesa della Cinémathéque. Che dire, il-film-più-bello-che-abbia-mai-visto ? Non so, ma provate a mettere un regista geniale e due attori come Bogart e Katherine Hepburn su una barca a vapore che discende un fiume dell’Africa per affondare una nave tedesca durante la 1° guerra mondiale, e vedrete cosa succede. Un po’ Conrad, un po’ Fitzcarraldo. Lei nobile missionaria inglese che parte con cappellino e veletta, poi dopo aver disceso una rapida li getta entrambi (simbolo dell’educazione vittoriana abbandonata). Bogart che fa il comandante sporco brutto e un po’ violento, accento americano storpiato per fare il canadese. “Buono in ogni affare, specialista in niente”, un giornalista insomma. Lei che lo chiama sempre (anche dieci volte consecutive) “Mr Allnut” e svuota le sue bottiglie di gin nel fiume. Lui che risponde “Yes miss” e ogni tanto le fa il verso. Dopo un po’ giocano ad amarsi per finta, costruiscono gesti e rituali della coppia. Ma è solo perché sono letteralmente sulla stessa barca. Fingere di fingere non deve essere semplice per un attore, ma questi sono Attori. Poi alla fine..
Per vedere altre foto vai su flickr.
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