Paris is a moveable feast ("Festa mobile" Hemingway). Blog su un erasmus a Parigi.

Wednesday, October 12, 2005

Vingt et sixième jour

Si può essere brevi per una volta? Corso alle 8.30. Questa volta mi sveglio bene, anche se fuori è sempre buio. La lezione scorre senza problemi, si parla di ideologie, di concetti e nozioni, di Marx. Studio fino alle 14 un bel libro di Lipovetsky e poi la bella giornata ha la meglio. Bella giornata significa venticinque gradi, non “non piove”. Ho un luogo sulla mia agenda che devo trovare. Si parla di marmellate, cioccolate, caramelle in una drogheria del 1760. Si può provare, a Parigi ci sono diverse cioccolaterie e boulangerie da sogno, ma la fonte dell’informazione mi dice che questa sia speciale. E cinquanta per cento delle volte ci si può fidare, nell’altro cinquanta è addirittura meglio del previsto. Non so se posso dirvi il nome e l’indirizzo, troppo facile leggere un blog e avere tutta la mappa -e la pappa- pronta. Facciamo una cosa un po’ calvinista: io vi salvo dalla dannazione eterna, però dovete metterci del vostro, operare, ben riuscire per dimostrare la vostra predestinazione. In breve: rivelo la strada, poi se avete voglia di arrivarci e vagare un po’ per trovarlo, e se proprio non vi ripugna il bello o non vi siete appena scolati un litro di Calvados lo riconoscerete, allora forse ve lo siete meritato. In tal caso evitate di sbandierare la scoperta. Ogni persona a cui lo dite deve impegnarsi a trovare un posto migliore e segnalarvelo. Questo vale anche nei miei confronti. E’ una sorta di catena di santantonio degli amici dello zucchero. Per una volta non si cerca di salvare dalla morte per lapidazione con lapilli bollenti un coniglio ipovedente della nuova Guinea. Assolutamente necessario aggiungere “Questa è vera, non è come la altre catene”. D’accord, arrivate in rue du Fabourg Montmartre e qui vi abbandono. Il posto è un miraggio, non è detto che esista la prossima volta che ci tornerò. Fa angolo, come ogni negozio di leccornie che si rispetti ha due vetrine. Vende anche vini costosi, cioccolate artigianali, ogni tipo di biscotti e Marmellate. Sono barattoli etichettati e “compilati” a mano con il nome della confettura. Chiedo se li fanno loro, glieli portano degli artigiani. “Artigiani” vuol dire che le signore che fanno le marmellate poi portano qui i barattoli. La signora vi consiglia mentre voi cercate di perdere tempo per guardarvi intorno, ma è un’overdose. Sembra di essere in una scenetta delle sette piccole differenze con un minuto per risolvere tutto. I colori si accumulano, i nomi si confondono mentre lentamente chiedete ciò che volete. Le permanenze sono concesse agli abituées, voi ancora non siete degni. Pagare è un piacere: c’è l’uomo nel gabbiotto con la macchinina a mano che vi fa il conto e vi dà il resto attraverso il vetro. Un tempio del dolce. Tutto smaltato di verde con numeri dorati, come la cioccolateria in rue Saint Péres, ma molto più autentica e gratificante. Me ne vado con una marmellata dicendo che “per oggi” è tutto. Sono un po’ stordito. Risalgo fino a Notre Dame de lorette, giro in rue des Martyrs. Tutto il quartiere è molto bello, boulangeries come se piovesse, un piccolo negozio di modellini d’automobili. Risalgo come un salmone verso Montmartre, è un ottimo modo per arrivarci, si sbuca in boulevard de Clichy, a un passo da Pigalle. Mangio una quiche seduto su una panchina e decido di salire un po’ verso il Sacre Coeur. Prima di arrivare in rue Lepic incontro almeno dieci sexy shop e una ventina di locali a luci rosse. Non sono certo un puritano, ma come se passate per una via piena di macellerie ne uscite come se aveste mangiato una fattoria anche qui dopo un po’ da’ la nausea. Rue Citè du Midi è un angolo di mediterraneo a Parigi, veramente una cartolina, anche come dimensioni. Oggi mi sento uno skilift: risalgo rue Lepic e non c’è bisogno di aggiungere niente, lo sapete già. Una stradina che si avvita sulla collina di un paese. Sole a picco, cammino in maglietta. Cerco, ma non trovo il caffè di Amelie, ridiscendo verso place des Abbesses e prendo la metrò. Doccia ristoratrice, un po’ di appunti e la cena. Uscire poi sarebbe chiedere troppo, scrivere è già abbastanza.

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