Paris is a moveable feast ("Festa mobile" Hemingway). Blog su un erasmus a Parigi.

Thursday, May 25, 2006

tombe, jazz etc.

Può capitare che un pomeriggio si abbia la vaga sensazione che Parigi abbia dato ormai tutto. Conosci gli angoli dove c’è vento, e quelli silenziosi. Disponi degli scorci come di istantanee da incollare alle situazioni. Qui si mangia bene, là sono antipatici, la prossima a destra, tra poco ci siamo. Non dico che arrivi ad annoiarti, ma non pensi più alla sorpresa, ecco.
Poi quando hai un’ora di tempo prima di lezione decidi di cercare quel piccolo cimitero a Montmartre di cui hai visto una foto, un giorno. Cimiteri Saint Vincent, vicino al Lapin Agile. Per un buon tratto vedi solo un muro coperto di rampicanti, chiedi indicazioni: svolta a destra poi ancora una volta. Entri in un quadrato in pendenza, avvolto dalle case, un orto con tombe al posto dei pomodori. Statue verde rame, pensatori e amanti come al solito. Gli alberi della via centrale sono stati piantati da poco, più in alto una terrazza riservata ai primi abitanti del cimitero. Di corsa a lezione dopo una visita veloce. Scattare foto alle statue è un piacere, tengono sempre la posa che richiedi, anche mentre gli giri attorno. Non sempre è così: potrei fare un port-folio di foto mancate. Marais: via stretta, due uomini vestiti in completo rabbinico cercano di partire in bicicletta, dondolano un po’ appoggiando sui pedali. Non faccio in tempo a regolare il fuoco che il pilota ha l’unico scatto da velocista della sua vita e svolta a sinistra. A Montmartre, gatto alla finestra con tenda mossa dal vento, mi fissa, pare non abbia nessuna intenzione di rinunciare al suo momento di celebrità. Ma uno dei mezzi più rumorosi di questa terra (camion nettezza urbana) arriva a disturbare l’idillio, lui scappa e non si ripresenta più. Potrei aggiungerne decine.

Lato concerti invece la settimana è illuminata di grazia. Lunedì sera Stefano Bollani (più tutto il quintetto: Gori, Guerini, Spinetti, Calcagnile, special guest Petra Magoni). Composizioni con strumenti urlanti, boccacce ai musicisti, una specie di Frank Zappa per la musica e di Benigni per la simpatia. Gioca molto sulle note basse del piano, alza i gomiti e muove le dita come se stesse tessendo una rete di minuscole biglie. Si può chiamarlo jazz volendo. Varietà, improvvisazione, andrebbero meglio. Bravissimo come già detto Spinetti al contrabbasso.


Mercoledì si passa invece alla classe di Enrico Pieranunzi. Stile da grande pianista, girocollo nero, gesti calcolati, velocità e precisione. Non salta sui tasti come Bollani, li scorre, dando a ogni dito la meritata indipendenza. Al contrabbasso c’è il più grande contrabbassista che abbia mai visto: Hein Van De Ghein. Il grande gigante del Jazz. Un metro e novanta per una circonferenza e una faccia da campione di wrestling. Balla il tango con il suo strumento che suona con tutte e dieci le dita. Si piega, lo stende, si appoggia di lato, canta sussurrando ogni nota che produce. Aggiungete André Ceccarelli alla batteria (a volte troppo forte, come sempre in un piccolo locale) e avrete uno dei migliori trio jazz in circolazione.

Sunday, May 21, 2006

Pensieri spettinati

Le settimane vanno sempre più veloci. Per esempio non so più quando collocare un gelato al caramello al burro salato da Berthillon, sull’Ile saint louis. E nemmeno “La donna di Shanghai” di Orson Welles con la Hayworth (seguito da “Gilda” in cui lei appare strappando applausi a ogni movimento dei capelli, uomini svengono in sala quando canta “put the blame on mame, boy” mentre si sfila il lungo guanto nero). In compenso so di venire da una notte al cinema (Nuit Almodovar allo Champo). Volver è un capolavoro, forse il suo film migliore. Citazioni di cinema italiano, pale per l’energia eolica nella mancha dei mulini a vento di Cervantes. Almodovar sa penetrare nel senso comune per servirsene a piacere. La satira della Tv non è mai stata così feroce, la sceneggiatura è sempre geniale. Colori caldi, sensuali, Hopper soprattutto. Le vite si intrecciano davanti alla camera, sembra tutto separato, ma qualcosa lega sempre ogni molecola alle altre. Riflessione sul potere evocativo del cinema. Morti tornano in vita, si possono spiare il quotidiano e il soprannaturale allo stesso tempo. Penelope Cruz, mai cosi bella, è ripresa come una diva popolare italiana. I sentimenti e i ricordi sono vivi negli oggetti, non apparizioni eteree (fumo, arpe, luce diffusa) ma carne e ossa. I personaggi cambiano identità e ruoli secondo l’improvvisazione scenica, la musica spagnola non lascia respirare. Gli altri due film della notte sono “Tacchi a spillo” e “Matador”. Meglio il primo del secondo, la scena con la traduttrice per sordo-muti è da storia del cinema. Sempre in settimana “Hable con ella”, uno dei film più forti mai realizzati. Movimenti della camera misurati, tema? vita, morte e altre sciocchezze. Come viviamo, per noi, per gli altri.
Giovedì (ricordo la data!) vado alla presentazione di un disco alla Defense: Musica nuda 2 di Petra Magoni (voce) e Ferruccio Spinetti (contrabbasso).
Un capolavoro, due virtuosi con difficoltà in francese e tanta modestia. Passare dai beatles a Haendel nello spazio di una canzone non è banale. Si cantano “Over the rainbow” e “Quant’è buono il cacio con le pere” nello stesso album, per dire che quello che conta è la musica, come la si fa, come la si ascolta. E qui la si fa ai massimi livelli, divertendosi pure. Ascoltarla è un piacere, peccato non provarlo.

Monday, May 15, 2006

Cherries at ehess's

Sono sempre stato attaccato alle cose semplici. Un messaggio d’auguri con una punta di affetto, i nomi delle piante, una luna bella tonda e definita, delle fragole fresche a pranzo, un assolo di tromba. Giovedì corso di Touraine. Nel weekend si sono festeggiati i 25 anni del cadis, il centro di analisi e intervento sociologico. Il seminario organizzato per l’occasione deve essere stato un successo. Colleghi che si complimentano con il maestro, riconoscimenti tardivi, giovani che utilizzano parole prima proibite senza rendersi conto della fatica fatta per liberarle. Qualche rivincita, forse un po’ di sano spirito di rivalsa. Touraine è visibilmente felice, distende le rughe e parla deciso. Entra con il solito mezzo litro di Evian e un sacchetto di plastica verde che ne contiene un secondo, di carta. Aspetta che i ritardatari si siedano, lui stenta un po’ a farlo. Appoggia le sue cose, tiene in mano il sacchetto, sembra quasi impacciato, poi si avvicina ai primi studenti alla sua destra e dice “vi ho portato delle ciliegie, per disturbarvi durante il corso”. Con un filo di emozione banale, infantile. Non ci posso credere. Questa è l’EHESS, questo è Alain Touraine, fa un giro della tavola e posa generose manciate di frutti rossi sui banchi grigi. Ne tiene un po’ per se. Ne serve ai ritardatari. Per tutta la prima parte del corso sogno di fargli una foto: luce da destra, le sue mani grandi di vecchio in primo piano, un perfetto mucchio di ciliegie a sinistra. Aspetto la pausa soffrendo a ogni ciliegia che mangia rovinando la composizione. Quando finalmente riesco ad avere il suo permesso a fotografarlo le ciliegie sono finite. Ne rubo quattro al mio vicino uscito a fumare e le appoggio senza farmi notare dove prima stavano le gemelle divorate e scatto.
Venerdì c’è un seminario di Thomas Pavel al College de France. Ambiente tranquillo, argomenti interessanti, ma la forma “colloque” non funziona. Troppo semplice scrivere quattro pagine e venire a leggerle. Nessuno sembra avere coscienza del fatto che leggere e ascoltare non sono la stessa cosa. Ciò che è complicato alla lettura risulta impossibile all’ascolto. Almeno sono entrato nell’aula dove insegnavano Barthes e Foucault. A mezzogiorno mangio un panino al luxembourg e resto un po’ a leggere. Davanti alla statua di Gorge Sand tulipani gialli alti una gamba, violette e una folla di non ti scordar di me. Erba lucida e pettinata, visitatori silenziosi.

Wednesday, May 10, 2006

letteralmente illuso

Uno legge “Festa mobile” e aspetta il momento per dire “poi ad un tratto arrivava la brutta stagione”. E ancor più quello per “poi ad un tratto arrivava la bella stagione”. E invece No. Qui il tempo ce lo si gioca a dadi ogni mattina. Oggi sei seduto sotto gli alberi fioriti di Notre Dame a leggere, devi addirittura ripararti dal sole. I bambini saltano nel quadrato di sabbia con pantaloni di velluto e camice leggere a scacchi. Domani il cielo è di piombo, piove su tutta la città, o almeno nel quartiere in cui sei. Gocce a domicilio. Sviluppi un rullino di foto la cui consegna è prevista per “domani”, indipendentemente dal giorno in cui si passa a reclamarlo. Inizi a pensare agli scatti d’autore che conteneva, e forse è meglio non ritirarlo per mantenere l’illusione. Che poi esce una scala di grigi pallidi spalmati su un’immagine sfuocata e non ne valeva la pena.
Al cinema non c’è nulla, in attesa del festival di Cannes che riapra le sale.
Il giorno della festa dell’Europa piove, e la Tour Eiffel illuminata di blu può restare dov’è.
Sabato sera un concerto di Nico Morelli al Sunside risolleva gli amanti di jazz e alza il livello di stima degli italiani.

Ma siamo sempre a Parigi quand même, e Previti a Rebibbia, finalmente.

Saturday, May 06, 2006

aggiornamento

Questa settimana registra un fatto grave, inatteso quanto inevitabile, scioccante. Per la prima volta ho in mano il calendario della Cinémathèque, scorro i prossimi film, dico “questo!” e la mia penna sta per marcare una significativa croce di approvazione accanto al titolo, un occhio si sposta sulla destra e legge “luglio” accanto a un numero. Per la prima volta mi confronto con una prova tangibile dell’imminente fine di questo erasmus. A portare un po’ d’aria di casa (e il freddo dopo una settimana di sole) arrivano mammà e papà. Un fine aprile di tranquillità a riscoprire ancora una volta Parigi senza fretta, e approfittare di alcuni lazzi turistici da sempre rinviati (come salire sulla tour eiffel per vedere Parigi come se fosse un plastico). Nella top ten dell’apprezzamento: pulizia, alberi pettinati, giardini curati, posti tranquilli, gente discreta, trattamento dei turisti, spazio e luce nei musei. Ristoranti in place du marché de Sainte Catherine come in un piccolo villaggio, tranquillo e senza fretta.
Mercoledì, arriva una primavera travestita da estate. Gli alberi fioriti attorno a Notre Dame hanno già lasciato andare tutti i petali per il troppo caldo. Il giardino è comunque un paradiso per leggere lontano dal rumore del traffico. Qualcuno suona il sax sul ponte. Le stesse canzoni ripetute a cicli di mezz’ora. Anche my favorite things di Coltrane può stancare.
Dopo un’astinenza settimanale da cinema vedo in serie Brother di Kitano (dove mi ritrovo a fare il tifo per la mafia italiana contro quella giapponese), Donne sull’orlo di una crisi di nervi di Almodovar (dove tutto si incastra perfettamente come in una commedia di Shakespeare, e dove l’unico elemento soporifero è il gazpacho di Carmen Maura, per il resto divertimento puro) e Blow-up di Antonioni, che cogliendomi nel mio momento fotografico entra di diritto tra i mei film preferiti: il significato delle immagini, il ruolo del cinema di mostrare ciò che c’è e ciò che si pensa potrebbe esserci, la passione fisica per il proprio mestiere, gli anni ’60.

Wednesday, May 03, 2006

l'uomo con la macchina da presa

Quiz: come è stata fatta questa foto?