Paris is a moveable feast ("Festa mobile" Hemingway). Blog su un erasmus a Parigi.

Tuesday, December 20, 2005

Quatrevingt deuxième et troisième jour

Su giovedì ho dimenticato una cosa non banale. Alle 17.30 sono andato con Sonia a una conferenza di Marjane Satrapi. Prevista per le 18.30, siamo arrivati in abbondante anticipo. Lei ha le espressioni da iperattiva che mi ricordano la Guzzanti. Parla un’ora poi scappa in aeroporto.
Venerdì mattina è in parte dedicato agli ultimi regali. Alle 12.30 arrivo con i miei pacchi a vedere “Red river” di Hawks con John Wayne e Montgomery Clift. Wayne ha la mandria più grande d’america e va a venderla in Missouri. Clift è l’apprendista, che spara come il maestro. “Cosa c’è di meglio di una pistola? Un orologio svizzero e una donna”. Con il tempo Wayne diventa dispotico, uccide chi se ne vuole andare e li fa interrare agli altri. Frase interessante “Cosa aspetti a uccidermi e a tirare poi fuori la tua bibbia?”. Un cowboy texano uccide i suoi uomini senza problemi, poi si sistema la coscienza con la Bibbia. Dice niente?
La sera dopo tanti progetti si va a mangiare fonduta. Litigo con il cameriere che vorrebbe farci ordinare una fonduta a testa, roba che nemmeno un drogato di formaggio. La spuntiamo e mangiamo comunque troppo. Fine serata in camera di Adriana e Zackia.

Sabato sera parto per l’Italia. Al mattino ultimi due regali. Al pomeriggio pranzo e lavaggio vestiti. Alla sera treno. Ho una cuccetta da sei, ma è una reggia. C’è il doppio dello spazio rispetto al solito, posto per due scale, letti imbottiti piuttosto che bare di plastica, buona compagnia. Ho un’ottima discussione in francese sui rispettivi problemi di Francia e Italia, spiegare a loro il ruolo della Chiesa da noi è un’impresa disperata, non ce la fanno a capire, è impossibile.
A mezzanotte ci risvegliamo nella stazione di Vallorba, non c’è nessuno fuori, i binari e i marciapiedi sono imbiancati da una ventina di centimetri di neve. Silenzio. Una bella immagine per riprendere a dormire. Arrivo a Bologna alle 6.30, a Rimini alle 8.20.

Rimarrò qui fino al 27, entro in pausa vacanze, e così questo blog.

Friday, December 16, 2005

quatrevingtième et quatrevingt unième jour

Mercoledì. Dalle 11 alle 17 lezione. Rendo un altro dossier poi vado in biblioteca. I computer sono tutti occupati. Davanti a me un uomo sulla cinquantina con una coda di cavallo bianca consulta giubilo il suo mezzo informatico. Apre di seguito dieci siti, su ognuno dei quali controlla almeno tre caselle e-mail. Lo vedo aprire nell’ordine una mail dal titolo “THROW AWAY YOUR UGLY WATCH, BUY A ROLEX HERE” e un banner che dice “COPY DVD ON YOUR COMPUTER FOR FREE”. Ora, se fai questo sei tu, e non il povero computer, a dover prendere un virus, possibilmente mortale. Quando, finalmente, se ne va, controllo la mia posta, poi esco e attendo. Cosa? Attendo Naima per andare a sentire Badiou all’ENS. E’ alle 20. Cerco un caffè dove leggere, ma niente mi attira, troppi baristi, poca luce. Allora vado da Quick. Scrivere e leggere in un fast-food ha molti vantaggi, ho qualche idea che vi proporrò più avanti.
Si fanno le 20. Andiamo da Badiou, questa sera lo registriamo pure. Questo seminario serve davvero il suo titolo “comment s’orienter dans la pensée”, lui è un maestro.
Alle 10.15 usciamo e dobbiamo ancora cenare. Non è possibile dopo un corso come questo tornare al foyer e scaldare al microonde un pasto mediocre. E allora mangiamo fuori. Non che dietro al Panthéon manchino le occasioni. In rue du Pot de Fer, al “Pot de fer” per esempio. Cena in una cantina, anatra al miele e entrecote al rocquefort. Patatine, vino, caffè. Il tempo passa in fretta, finisce che dobbiamo uscire per non restare fuori dal foyer. Il rocquefort veramente fort mi tormenterà tutta la notte, costringendomi a bere litri e litri d’acqua.

Giovedì è la giornata degli acquisti natalizi. Essendo interessate alcune persone che leggono questo blog la giornata è censurata. E si, non ho nemmeno voglia di scrivere.

Thursday, December 15, 2005

Septante et huitième neuvième jour

Lunedì grazie al cielo, peraltro plumbeo, finiamo il corso di postmodernità. Al pomeriggio finalmente decido di andare al cinema a vedere “les amants réguliers” osannato dalla critica che conta. Un paccottone bianconerone sul '68 che ormai non se ne puo' più, tante pretese da film d’essaie, ma poche riuscite. Non è che sia difficile, non c’è niente dentro. Ormai lo sappiamo che I 68ini erano borghesi, che I poeti si facevano mantenere dagli amici più ricchi, e sappiamo che nel cinema “serio” I momenti che contano sono sottolineati da un bell’accordo di pianoforte piazzato li nel vuoto. Bianconero gratuito, attori bellocci.
Fortunatamente la sera mi riprendo con Gentille, di Sophie Fillières, da tenere d’occhio. Dialoghi geniali al limite del paradosso. E’ un film al condizionale (Cahiers de cinéma) su quello che poteva succedere, ma no, e invece si. Una delle commedie europee più belle degli ultimi anni. Si ride molto, come in un film di Allen. In più ambientazione parigina classica (Quartiere latino, Marais) e grande attrice (Emmanuelle Devos).

Martedì. Corso dale 9 alle 11. Il prossimo è alle 15, dunque per una volta. Per. Una. Volta. Vado a mangiare qualcosa di decente a pranzo, in rue mouffetard. Non che sia il pranzo regale, giusto una crepe al chevre chaude e una dolce. Ma almeno seduto e con una tazza di cidro brut. Posto gradevole, giusto a fianco di Place de la contrescarpe. Poi vado a leggere in quell caffè in fondo a rue de la Sorbonne dove potete sedervi senza essere disturbati. Dalle 15 alle 18 corsi. Aperitivo con Sonia a Bastille e rientro in Foyer.

Tuesday, December 13, 2005

Septante et sixième septième jour

Sabato. Che ho fatto sabato? So che sono andato al mercato. Al pomeriggio?
Cinémathéque! Vedo Beetlejuice di Tim Burton, uno dei suoi primi film, con un grande Michael Keaton. La scena di loro a tavola che ballano Day-ho di Belafonte è una delle scene più divertenti di sempre. E’ una “seance jeune public”, quindi ci sono molti infanti, molti habitués che si salutano prima dell’inizio. Entra una ragazza della Ciné per presentare il film “Benvenuti, bla bla sapete questo film bla bla Tim Burton, lo conoscete?” Qualche mano alzata, un bambino scuote la testa. Inizia il dialogo da Oscar(©) per la sceneggiatura:
“Non lo conosci?”
“Si, solo che non mi interessano gli autori”
“Come non ti interessano gli autori?”
“E’ che credo non sia tanto importante sapere chi è l’autore, conta più il film”
“Ma comunque è interessante conoscere la filmografia, sapere cosa hanno fatto..”
E il genio “J’ai des autres pensées*”.
Io rido perché ci vedo dietro l’educazione dei genitori illuministi che hanno creato questa diabolica macchina distruggi-critici.
Torno al foyer e la sera si organizza un’uscita italiana tra copain di Sonia e altri amici. Andiamo a mangiare una crepe da Josselin, in rue Montparnasse. Una Crepe. Alla farina scura, buonissima, croccante, molto bretone. Bello il posto, peccato che come per tutte le superstar ci sia la fila fuori e ci si senta un po’ pressati ad andarsene. Tutta la via comunque è paradiso di crepe.
Poi andiamo in rue oberkampf, poi torno, poi si chiacchiera in camera mia, poi facciamo tardi senza accorgercene.

*ho altre idee a riguardo/sono di un altro avviso

Domenica. Mattina a casa. Pomeriggio ho un rendez-vous con Yoko per correggere il nostro dossier di Sociologia europea. Vado da lei. Parto molto in anticipo per fare una passeggiata lungo il canale Saint Martin, da Jaures a Bastille. Un angolo poco conosciuto di Parigi che potrebbe essere il centro di una seconda città. Meno popolata, ma con café altrettanto belli. Ci sono le chiuse, gli alberi che si piegano sull’acqua, dei ponti di ferro verfdi che attraversano. E’ qui che Amelie libera il suo pesce. A un certo punto il canale gira a sinistra, dove quattro negozi colorati sottolineano la svolta. Anche io lo lascio qui, ma entra di diritto nella mia top ten parigina. A’ bientôt. Lavoro con Yoko, che vive con il suo ragazzo italiano. Beviamo un tè, mangiamo una fetta di torta. Rientro al foyer, dove si prepara una pasta ai molti formaggi (Rocquefort, Brie, Camembert, Chevre, Moulleaux, Parmigiano) che si digerisce poi passeggiando un po’ per il quartiere, fino a Bastille.

Sunday, December 11, 2005

Septante et quatrième-cinquième jour

Giovedì. Sarò breve. Al mattino il corso di Touraine, siamo in venticinque. E pensare che se fa una conferenza ovunque nel mondo riempie un cinema. Corso fino alle 13, alle 15 ha un aereo per Boston. Poi andando verso Saint Sulpice cedo alla tentazione pubblicitaria. La charcuterie Gilles Verot ha scritto sulla sua tenda “Champion de France du Fromage de Tete”, si impone la prova. E’ la gioielleria del salume, anche se non ai livelli bolognesi. Prendo il mio trancio che più tardi passerà la prova pratica. Il resto della giornata a studiare. Alle 10 esco con Johannes a bere un verre all’angolo.

Venerdì. Finalmente mi concedo una giornata libera. Dopo la settimana dello scriba oggi è il trionfo del flaneur. Prima mi fermo nel marais, passeggio e vado in rue vieille du temple a vedere una mostra sul piano di Turgot. E’ quella carta di Parigi che trovate in tutti i musei, prospettiva cavaliera e orientamento est-ovest. Il gioco è “trova le differenze”. Tipo “Place des vosges” era “Place Royale”. Esco dall’hotel des Rohan ed entro au Palais du Tè, giusto davanti. Mi offrono del tè, ne compro anche un sacchetto, “montagne bleue”. La seconda tappa è il passage de Choisel, visita alla papeterie Lavrut. Tutto per l’arte, ma pochi quaderni. Il passage vale una visita. Cammino fino la Louvre e vado a salutare il codice di Hammurabi, illuminista del suo tempo.
Poi ho voglia di un sandwich grec, e cammino fino al quartiere latinoa passando per place dauphine. Parigi la si può camminare senza problemi, non mancano i marciapiedi, le distanze tra gli hot spots sono ragionevoli. Non è Londra insomma. Rientro e la sera si va a pattinare sul ghiaccio a Hotel de Ville. Ho la stabilità di una tavoletta di sapone di marsiglia su un piano inclinato di ghiaccio. Errore comune: andiamo a pattinare sul ghiaccio, ci vestiamo pesanti. In dieci minuti siamo tutti morti di caldo. L’unico che sa pattinare è Johannes. Se avete letto Anna Karenina il pattinaggio ha comunque il suo fascino. Non è S.Pietroburgo, ma anche l’Hotel de Ville.
Rientriamo verso le undici.

Friday, December 09, 2005

Septante et deuxième troisième jour

Martedì ho la classica giornata da dieci ore. Innanzitutto devo correggermi, vi ho mentito, lunedì sera non sono restato a casa, sono uscito con Adriana e alcuni suoi amici spagnoli, un bar molto carino, ma pieno di fumo in rue Oberkampf. Martedì ho il mio exposé che passa molto bene. La sera dovrei cenare con il gruppo spagnolo più Johannes. Adriana mi manda un messaggio, il messaggio non arriva, la chiamo, il telefono è spento. Il mistero si infittisce. Torno al foyer e appena mi accingo a mangiare il mio pasto… qualcuno intinge il suo pane nel mio piatto. No, questa è un’altra storia. Mentre mi accingo a mangiare mi chiamano: “allora vieni?”. Risposta: -----. Vi raggiungo poi. Poi sono le 9.30, cerchiamo un cafè con della musica. Il luogo e il giorno sono sbagliati: martedì sera nel quartiere latino. Per musica si intende “gratis”. Finiamo al Petit Pont, come degli ottimi turisti, in faccia a Notre Dame. Musica gradevole, camerieri un po’ meno. Dietro chi suona schermo 20 pollici con match di calcio. Perché? Spiegatemi. Siamo comunque alla fine, qualcuno vince, qualcuno perde e lo schermo tace. Beviamo un verre e rientriamo.

Mercoledì. Temo di essere restato tutto il giorno a correggere i miei dossier. Alle 16 non ne posso più e vado a fare una passeggiata a Père Lachaise. Dire “vado a fare una passeggiata a Pére Lachaise” mi rende già felice. Sembra di camminare sul set dell’ultimo Burton. I fiori nuovi contrastano con le tombe grigie, sembra una foto in bianco e nero che qualcuno ha colorato. Alcune lapidi aspettano: ci sono già il nome e la data di nascita. Più che a Foscolo penso a Spoon River. Ogni lapide racconta la sua storia. Cavalier della legion d’onore. Padre esemplare. Nobile servitore della patria. Madre devota. I padri violenti, i parassiti della società e le madri biliose li seppelliscono altrove. Trovo un paio di foto interessanti, metà secolo, bianco e nero. Lui con un microfono radiofonico. Lei, la foto praticamente assente, rimane il contorno, spalle levigate e viso di profilo. In questa colata di grigio risaltano le porte in ferro colorato, rosso o blu in maggioranza. Si cammina quanto si vuole, senza cercare i nomi, costruendo una storia personale, sotterranea. (altre foto su flickr)
Rientro e lavoro ancora un po’, il francese è una lingua insidiosa, ma da quando lo parlo l’inglese suona veramente come un dialetto barbaro.
La sera si chiacchiera in camera di Robert. Le Petit.

Wednesday, December 07, 2005

Septante et unième jour

Domenica. Lavoro lavoro e lavoro. Vorrei andare in piscina ma il mio bonnet è sparito. Dico sparito perché in una camera di 15 metri quadri non si perdono le cose. A mezzogiorno pausa pranzo, nuova ricetta per un piatto di pasta, nome “tutto quello che c’è”, svolgimento: prendete della pasta, fatela cuocere. Quando è pronta aggiungete, nell’ordine: un uovo, del parmigiano, del gruviera, del brie, del prosciutto affumicato a dadini. Con il risultato ci potrete bombardare un paese a scelta. Astenersi perditempo. Astenersi e basta. Pomeriggio: lavoro lavoro lavoro. Alle 19.30 c’è una serie di documentari di Louis Malle sull’India: L’Inde phantome. Ci vado con Naima, piove, ci bagniamo, compriamo un sandwich che continuiamo a mangiare in sala. Documentario interessante, si sente tanto l’influenza di Levi-Strauss (tra le caste sono importanti le relazioni, le differenze) e un po’ quella di Marx. Rientriamo al foyer e ivi restiamo.

Lunedì mattina corso postmoderno, ormai ripetitivo. Alle 12 il nostro attivissimo ufficio relazioni internazionali ha preparato un cocktail per gli studenti erasmus. “Ognuno porti qualcosa del suo paese”, tanto per catalogarci un po’. Risultato: o ci sentiamo tutti molto francesi o nessuno ha pensato ad accendere il forno. Tutti arrivano con dolci francesi, o “specialità” del proprio paese fabriqué en France. In compenso Madame Carpentier che deve preparare le bevande non ha pensato che magari alle 12.00 non è il caso di bere del kir o del bordeaux da 12 gradi. Una sola bottiglia di succo d’arancia viene assalita da venti persone. Poi si va ad acqua, kir al massimo, ma non vino, no. Finisce che me ne torno a casa con dei dolcetti turchi e una bottiglia di vino, da quanta roba è avanzata. La sera lavoro, martedì c’è in vista un exposé per il corso di sociologia europea.

Sunday, December 04, 2005

Soixante et huitième-neuvième Septantième jours

Giovedì venerdì sabato ho un seminario di semiotica dalle 9 alle 19. Visto che a voi la semiotica non interessa e che a me non resta tanto da raccontare, questi tre giorni condivideranno un post. Le pauese pranzo si consumano al Tabac de la Sorbonne, dove ci si sente molto sorboniani e in più si ha una wireless gratuita. Venerdì sera ci infiltriamo in una casa di italiani in place de Clichy. C’è una festa, l’invitata è Adriana, ma “porta degli amici”. Ambiente simpatico e internazionale (commento da guida michelin). Sabato sera andiamo a mangiare cous cous a Menilmontant, aspettiamo un’ora, il cous cous non è poi così buono, la musica nemmeno. Prima di tornare al foyer beviamo qualcosa in rue bagnolet e scopriamo che a cinquanta metri da dove abitiamo c’è un café geniale. Musica jazz live con piano basso e batteria. Citazioni di Ray Charles e Coltrane, poco fumo molto ritmo. Gli avventori -coloro che si avventano nel locale- avvedutamente avvisano gli avventurosi suonatori del loro volere andare avanti nell’ascolto. Questi si avvicinano avvicendandosi e non avvallano. Rientriamo mestamente.

Friday, December 02, 2005

Soixante et septième jour

Martedì giornata pressée, alle 13 ho un corso di Robert Castel, un altro dei Padri Fondatori, Santi Protettori, Lari, Totem, Oracoli dell’ EHESS. E’ impressionante vedere come questi uomini estremamente vecchi si animino quando prendono la parola. Castel assomiglia a un Ciampi invecchiato di 20 anni. Ha delle sopracciglia che si piegano sugli occhi, una sorta di baffi per la fronte, come succede ai cani in tarda età. Poi quando parla ha la capacità di metterci la passione del ricercatore, di arrabbiarsi se serve, di non perdere mai il filo del ragionamento. Finito alle 15 mi proietto in Sorbonne per il corso di Semiologia di Anne Marie Houdebine fino alle 17, orario in cui comincia il terzo corso sull’attore strategico eccetera. Oggi si simula una negoziazione tra due gruppi, deprimente. Cena al foyer e buonanotte.

Mercoledì stesso ritmo. Mattina a scrivere, pomeriggio dalle 13 seminario intersemiotico, oggi in scena Gorge Moline. Buco dalle 16 alle 17, compro “Paroles” di Prevert e vado al Luxembourg, venti minuti è il tempo massimo di permanenza poi arriva l’assideramento. Alle 17 un altro corso di semiologia, esco alle 19, bevo un caffè. Alle 19.30 mi incontro con Naima per andare a un seminario di Alain Badiou, una rock star della filosofia francese. Il buon uomo ha 70 anni, il suo seminario si intitola “Qu-est-ce que vivre?”, i suoi testi trovati su internet sfiorano l’incomprensibile. Ci si prepara al peggio. Eppure. Comincia per commentare i moti in banlieu. Il fatto che si cerchi di minimizzare, che questi si siano mossi perché sono francesi, vorrebbero essere accettati come tale, non lo sono. Instaurare uno stato di polizia non è la buona risposta. Se c’è qualcuno che ha trasformato l’evento in una crisi drammatica è lo stato. Gli si rimprovera che abbiano bruciato le loro vetture, che dovevano fare, marciare sugli Champs? Si arrabbia, questo il 68 c’era sicuro. Li riconosci dalla passione politica, dallo sdegno civile. Il seminario poi è incredibile, spiega con chiarezza argomenti di una complessità inarrivabile. Il suo punto è: l’idealismo è morto, non resta che il materialismo. Di due tipi: il materialismo democratico dove corpi e linguaggi sono intercambiabili, non ci sono punti, tutto è liscio, sicuro, senza riflessione. E la dialettica materialistica, la stessa cosa solo che ci sono idee, che è possibile pensare il presente e il futuro. Ovvio no? Ci torneremo. La serata non può concludersi che con una birra in compagnia di Johannes, provvidenzialmente materialista.