Soixante et septième jour
Martedì giornata pressée, alle 13 ho un corso di Robert Castel, un altro dei Padri Fondatori, Santi Protettori, Lari, Totem, Oracoli dell’ EHESS. E’ impressionante vedere come questi uomini estremamente vecchi si animino quando prendono la parola. Castel assomiglia a un Ciampi invecchiato di 20 anni. Ha delle sopracciglia che si piegano sugli occhi, una sorta di baffi per la fronte, come succede ai cani in tarda età. Poi quando parla ha la capacità di metterci la passione del ricercatore, di arrabbiarsi se serve, di non perdere mai il filo del ragionamento. Finito alle 15 mi proietto in Sorbonne per il corso di Semiologia di Anne Marie Houdebine fino alle 17, orario in cui comincia il terzo corso sull’attore strategico eccetera. Oggi si simula una negoziazione tra due gruppi, deprimente. Cena al foyer e buonanotte.
Mercoledì stesso ritmo. Mattina a scrivere, pomeriggio dalle 13 seminario intersemiotico, oggi in scena Gorge Moline. Buco dalle 16 alle 17, compro “Paroles” di Prevert e vado al Luxembourg, venti minuti è il tempo massimo di permanenza poi arriva l’assideramento. Alle 17 un altro corso di semiologia, esco alle 19, bevo un caffè. Alle 19.30 mi incontro con Naima per andare a un seminario di Alain Badiou, una rock star della filosofia francese. Il buon uomo ha 70 anni, il suo seminario si intitola “Qu-est-ce que vivre?”, i suoi testi trovati su internet sfiorano l’incomprensibile. Ci si prepara al peggio. Eppure. Comincia per commentare i moti in banlieu. Il fatto che si cerchi di minimizzare, che questi si siano mossi perché sono francesi, vorrebbero essere accettati come tale, non lo sono. Instaurare uno stato di polizia non è la buona risposta. Se c’è qualcuno che ha trasformato l’evento in una crisi drammatica è lo stato. Gli si rimprovera che abbiano bruciato le loro vetture, che dovevano fare, marciare sugli Champs? Si arrabbia, questo il 68 c’era sicuro. Li riconosci dalla passione politica, dallo sdegno civile. Il seminario poi è incredibile, spiega con chiarezza argomenti di una complessità inarrivabile. Il suo punto è: l’idealismo è morto, non resta che il materialismo. Di due tipi: il materialismo democratico dove corpi e linguaggi sono intercambiabili, non ci sono punti, tutto è liscio, sicuro, senza riflessione. E la dialettica materialistica, la stessa cosa solo che ci sono idee, che è possibile pensare il presente e il futuro. Ovvio no? Ci torneremo. La serata non può concludersi che con una birra in compagnia di Johannes, provvidenzialmente materialista.
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