Soixante et troisième jour
Venerdì mattina vado a timbrare la mia presenza al corso di economia. Quando finisce vado a bere un caffè con Yoko, la ragazza giapponese con cui dovrò fare un exposé tra due settimane. Si parla di modernità. “Perché un po’ come dice Augé” “Chi?”. “Oppure Giddens” “Eh ?”. Aiuto.
Bevuto che fu il caffè è fatte che furono le fotocopie del mio schema per l’exposé, me ne ritorno a casa e mangio non so cosa per non so quanto tempo. Qualcosa che ha a che fare con il formaggio credo. Il pomeriggio passa a rileggere un paio di dossier. Alle 16.20 inizia a nevicare, tutti quelli che abitano sotto il 30° parallelo si precipitano fuori al grido di “il neige”. Poi saltano come per catturare le farfalle “un flocon!”. Cosa che noi non potremmo fare con la lava dei vulcani della Réunion. Che mondo strano. Esattamente nella stessa città dove due anni fa sono morte centinaia di vecchi per il caldo estivo adesso nevica. Plutone o Marte sono più decisi in fatto di clima, a noi piace variare.
Alle 17.30 ho il seminario di Maffesoli sull’erotica sociale (!). Ritorno al foyer pregustando già la mia cenetta in boite. Apro e: Waterloo. Cetrioli a dadini con una salsa indefinita, prossima destinazione: bidone angolo destro. Pesce disgustoso (provenienza Luxembourg?) accompagnato da mosci fagiolini completamente fuori stagione, bidone in fondo a sinistra. Con Naima capitata in cucina e dotata della stessa cena disgustosa decidiamo una doverosa pasta all’unico formaggio (probabilmente lo stesso che ho mangiato a pranzo). Pare una cena da re, un piatto di pasta quasi scotta con del formaggio. Où va-t-on? Dopocena con Robert, un suo amico tedesco, Zakia e Naima andiamo in un caffè in rue de Bagnolet. Suona un gruppo stile psichedelia 70. Buona la birra, buona la musica. I caffè di Parigi hanno caratteristiche acustiche curiose. Da fuori non sentite niente, dentro 4000 decibel per centimetro quadro. Rientriamo, ciao, ciao, a domani.
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