Cinquante et sixième jour
Ne ho veramente abbastanza e decido di svegliarmi senza più raffreddore né mal di gola. Funziona. Schopenhauer sarebbe fiero di me. Al mattino resto comunque a casa, giornata bellissima, ma gran freddo. Cielo congelato, blu senza una nuvola.
Alle 14.30 dopo piatto di spaghetti und tomato vado alla cinémathéque. Ne ho troppa voglia e non è un’occupazione pericolosa.
Sciarpa, giacca imbottita e berretta, sembro più l’affiliato di una cosca che un malato.
Il film è “partie de campagne” che pare proprio un capolavoro di Renoir, sono alla terza replica è c’è tanta gente come il primo giorno. La proiezione è prevista alle 14.30, ai 40 iniziamo a entrare. Alle 15 iniziano le proteste e io mi do al dialogo per frasi fatte con la mia vicina (tipo “dura più l’attesa del film” o “Se continua così arriviamo a sera” o ancora più ardito “ma non ci dicono nemmeno nulla”). Questa cosa di non avere “ragioni” per spiegare dà veramente sui nervi ai francesi, mentre da noi è la prassi.
Arriva un ragazzetto con badge della Ciné e ci chiede di scusarli, ma il film comincia in 5 minuti. “La raison du rétard?” si invoca. Abbiamo dovuto cambiare sala, ci impegniamo perché non succeda più. Il film dura cinquanta minuti ed è il grado zero della commedia. Da una novella di Maupassant: una famiglia di Parigi va in campagna. Moglie marito figlia futuro marito. Moglie e Figlia vengono abbordate da due giovanotti che le portano in barca mentre Figlio e Genero pescano e le salutano dalla riva. Figlia e Giovine tornati a riva si avvicinano e lui la forza un po’ a baciarlo. Salto temporale. Tre anni dopo la figlia è sposata con il predestinato, torna sul luogo, ritrova il giovine, si dicono “ci penso sempre”, lei fa qualche lacrima e se ne vanno. Fine. A meno che il paracetamolo non mi abbia fatto addormentare e perdere qualche scena è tutto qui. Volendo tutto il film sembra un quadro del padre.
Rientro al foyer e la sera ho una festa a cui mi ha invitato Aurora, a casa di Andromeda, una gallese che si occupa di moda. Si mangia formaggio e si beve vino. Scambio qualche parola un po’ con tutti. Un argomento ricorrente è quello di una chiesa di non so bene che origine (setta religiosa-gruppo mistico-soul sharing ?). Ma almeno in due mi chiedono “Vieni anche tu alla -non in- chiesa” Eh no, peccato, ma magari più avanti… Parlo quasi più inglese che francese, anche con Aurora, che preferisce.
Rientriamo, incontro Naima, beviamo un tè e ci diamo appuntamento per il giorno dopo per comprare qualcosa al mercato e fare colazione insieme, a seguire si prospetta museo
0 Comments:
Post a Comment
<< Home