Septante et unième jour
Domenica. Lavoro lavoro e lavoro. Vorrei andare in piscina ma il mio bonnet è sparito. Dico sparito perché in una camera di 15 metri quadri non si perdono le cose. A mezzogiorno pausa pranzo, nuova ricetta per un piatto di pasta, nome “tutto quello che c’è”, svolgimento: prendete della pasta, fatela cuocere. Quando è pronta aggiungete, nell’ordine: un uovo, del parmigiano, del gruviera, del brie, del prosciutto affumicato a dadini. Con il risultato ci potrete bombardare un paese a scelta. Astenersi perditempo. Astenersi e basta. Pomeriggio: lavoro lavoro lavoro. Alle 19.30 c’è una serie di documentari di Louis Malle sull’India: L’Inde phantome. Ci vado con Naima, piove, ci bagniamo, compriamo un sandwich che continuiamo a mangiare in sala. Documentario interessante, si sente tanto l’influenza di Levi-Strauss (tra le caste sono importanti le relazioni, le differenze) e un po’ quella di Marx. Rientriamo al foyer e ivi restiamo.
Lunedì mattina corso postmoderno, ormai ripetitivo. Alle 12 il nostro attivissimo ufficio relazioni internazionali ha preparato un cocktail per gli studenti erasmus. “Ognuno porti qualcosa del suo paese”, tanto per catalogarci un po’. Risultato: o ci sentiamo tutti molto francesi o nessuno ha pensato ad accendere il forno. Tutti arrivano con dolci francesi, o “specialità” del proprio paese fabriqué en France. In compenso Madame Carpentier che deve preparare le bevande non ha pensato che magari alle 12.00 non è il caso di bere del kir o del bordeaux da 12 gradi. Una sola bottiglia di succo d’arancia viene assalita da venti persone. Poi si va ad acqua, kir al massimo, ma non vino, no. Finisce che me ne torno a casa con dei dolcetti turchi e una bottiglia di vino, da quanta roba è avanzata. La sera lavoro, martedì c’è in vista un exposé per il corso di sociologia europea.
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