28-29-30/1 Post in scadenza
E’ qualche giorno che non scrivo. Imparo da un libro di Weyergans che in Giappone gli editori usano chiudere in albergo gli scrittori e passare a riscuotere ogni settimana un capitolo.
Non abito in albergo, non ho editori, nessuno mi paga.
Oltre a questo, le motivazioni principali perché una persona che ama scrivere non scrive:
- C’è poco da dire: meglio leggere altro, che scrivere n’importe quoi (tipo se Brizzi continuava a leggere Salinger invece di abbozzare Jack Frusciante)
- La scrittura è paradossale: ci vuole un tempo morto per poter scrivere di quello vivo. E a volte si è troppo assorbiti dal secondo (cioè non è che Hemingway mentre andava a caccia in Kenya, mirava un bufalo, poi appoggiava il fucile, prendeva il taccuino notava “ho un bisonte nel mirino, provo questo e questo” poi lo riprendeva, lo riposava ecc. Ma questo dipende anche dal bufalo).
Comunque qualche appunto alla maniera di Sterne (senza linearità) me lo concedo -e mentre fuori c’è un bellissimo sole io sto qui seduto a scrivere in una stanza arredata con gli scarti del truciolare Ikea-
Sabato arriva Filippo, in coincidenza con l’ultimo weekend di Robert. Veniamo invitati a una festa. Ok,
non esattamente. Benjamin compie l’errore numero 1 dello studentato: dire “dei miei amici danno una
festa questa sera, volete venire?”. Aggiungendo il corollario inutile “basta che non siamo in tanti”. E
l’inevitabile “basta portare da bere”.
In un minuto ognuno contatta altre tre persone e finisce che siamo in dieci a ritrovarci a Bastille.
Tutti arrivano da un posto diverso. Alcuni hanno cenato, altri no. L’idea è di andare da Lèon a
mangiare moules e frites. (Moules che costituiranno il leitmotiv del weekend). Ora bisogna sapere che
tutte le metro di Parigi sono tappezzate da affiches che urlano: “VENITE A MANGIARE LE
NOSTRE COZZE IN SUPEROFFERTA, SOLO 10,90€ FRITES SUFFICIENTI A UCCIDERVI”
(insomma il senso è questo). Legittima allora la nostra domanda : “C’è l’offerta moules-frites=10,90?”
Risposta, non troppo inattesa “no. Non nel week-end”
-Bene, e allora quale il prezzo fuori offerta, nel weekend?”
Risposta del diplomato in economia che ci ritroviamo davanti “10,90”. Tutti gli indizi suggeriscono
l’identità, ma non siamo spiriti abbastanza eletti per indagare oltre.
La seconda domanda è più azzardata “siamo in 10, ma ceniamo in sei. Gli altri possono sedersi e
prendere una birra?”
Risposta “Certo”, che un minuto dopo diventa “c’è molto da aspettare” e dopo uno e mezzo “ma
proprio tanto”. Tre minuti dopo siamo a mangiare cinese dall’altra parte della piazza.
Alle 11 arriviamo alla festa, maggioranza di gente in prepà lettere per la Normale. Appartamento per niente studentesco: parquet nuovo, specchi con cornici dorate ovunque, orologio con satiri sopra il caminetto. La prima impressione è di essere sul set di “Eyes Wide Shut” per gli specchi. La seconda su quella di The Dreamers, per la festa in casa ricco-borghese, stucchi al soffitto, tappeti ovunque, genitori cacciati non si sa dove. Ma la scelta di cd è raccapricciante, un best di Jimi Hendrix si chiede come sia capitato qui, io tento di metterlo a ripetizione, ma non sopravvive per più di una canzone. A mezzanotte si prospetta la catastrofe: andare in una sorta di discoteca, che significa restarci fino alle 5.30, orario di riapertura della metro. Il pericolo viene scongiurato, e nel giro di un paio d’ore riusciamo anche a chiedere “ma di chi è il compleanno?” e fare persino gli auguri. Alle 4.30 veniamo gentilmente accompagnati alla porta (“spinti verso” è più vicino alla realtà). Restiamo Io, Filippo, Benjamin, Robert e Lore, una ragazza francese conosciuta alla festa. Cerchiamo un caffè, al terzo tentativo ne troviamo uno vicino alla Tour Montparnasse. Robert e Lore decidono che hanno fame. Legittimo. Pensano di ordinare qualcosa insieme. Nessun problema. L’elemento interessante è che la loro razionalissima scelta cade su un piatto di moules. Ora, le moules sono cozze. “Cozze alle 5” potrebbe essere il capitolo di un harmony intitolato “Confessioni di un marinaio”. “Moules à 5h” un pezzo di Vian. “Mussels at 5 a.m.” un delirio di Bukowsky. Ma nella realtà è una cosa abbastanza scioccante. Ancor più che quei barbari dei francesi rispondono che “no, non servono cozze all’alba”. Le truppe ripiegano e tornano all’attacco: allora un’insalata marsigliese, con patate, prosciutto, carote e quintali di maionese. Questa si. Leggera e soporifera, soprattutto accompagnata da un caffè bollente.
Rientriamo alle 6.30 e la domenica mattina se ne va a letto.
Pomeriggio giro nel marais con Filippo. E’ il capodanno cinese, si fa fatica a passeggiare. Davanti a hotel de Ville petardi a ripetizione. Aspetto la scena alla Coppola in cui il gangster approfitta della copertura sonora per sparare una mitragliata sulla folla. O il cecchino dall’Hotel de Ville. Hotel de Ville oggetto di una scena metropolitana raccontata: linea uno, fermata “hotel de Ville”, scende molta gente. Lui “deve essere famoso ‘sto posto”. Lei (che di cognome immaginiamo faccia Diderot) “Bé, è un albergo”. Certo, e al Ritz producono salatini, la Defense è il ministero della difesa, agli Invalides è tutta una stampella, a Madeleine è conservato un immenso plumcake che piaceva tanto a Proust.
Il pomeriggio prendiamo un caffè nell’Ile Saint Louis, uno di quei posti che danno l’idea di essere lontani da una mega metropoli. Sul ponte pedonale dietro Notre Dame un saxofonista e un pianista suonano Coltrane. Sotto: la Senna. Sullo sfondo: l’Hotel de Ville illuminato dal tramonto. Un po’ a sinistra: Notre Dame. Si può sopportare una vita alla giornata, in queste condizioni?
Finalmente a sera riusciamo a cenare da Léon, non evitando di porre la domanda “L’offerta a 10.90 vale?” “No” “allora quale il prezzo per moules e frites a volontà?” “10.90”. Benjamin vorrebbe fargli notare che le cose coincidono, ma lo persuado a lasciar perdere. Dopo cena si replica il programma di domenica scorsa: Taverna di Cluny con il chitarrista manouche, che nel frattempo non ha dimenticato come si suona.
Lunedì, dopo aver lottato per recuperare la prenotazione di Filippo in ostello, abbiamo un invito a Montmartre per un caffè chez Silvana, l’ormai non più anonima commentatrice di questo blog, ex studentessa di comunicazione che non si sa come ha deciso di continuare la specialistica a Parigi [e che ovviamente ho conosciuto qualche giorno fa, non che dia indirizzo e codice di casa a ogni sconosciuto italiano in terra francese]. Ci accompagna in giro per una Montmartre non ancora invasa dai turisti, poi scendiamo nella parte bassa vicino ai boulevard, nel triangolo fatale Chartier -il ristorante popolare con portabagagli come appendiabiti-, Mère de famille, e passage Verdeau -con il negozio dedicato all’editoria cinematografica più bello di Parigi-. Ci spostiamo sugli Champs Elysées passando per il palazzo della Borsa e alle 18 ritorniamo coppia omologa -dimezzando i nostri punti charme- perché lei ha un colloquio per un lavoro come insegnante di italiano.
La sera ceniamo da Hippopotamus, tanto per cadere vittime della seconda campagna pubblicitaria onnipresente in questi giorni in métro. Cade la notte.
Questo post assomiglia a una deposizione in questura, ma tant pis, c’è tanto di meglio da leggere, ma forse anche qualcosa di peggio (i libri di Vespa, per esempio) e da guardare (le trasmissioni di Vespa, per esempio).