Racconto natalizio fuoritempo
Dato che pare tutto il mondo stia gelando tranne Parigi, vi propongo un racconto natalizio ritardatario:
Note per una fiction natalizia.
Non vorrai mica rifiutare un lavoro dalla Fox, mi dicono. Certo che no. Voglio dire, anch’io ho un affitto da pagare, cosa vi credete? Però la fiction di Natale, no vi prego. Metà del budget se ne va nei cannoni sparaneve, un quarto dello stipendio in bicchieri per digerire il buonismo colloso. E poi gli addestratori di uccelli li detesto, ma ci vorrà una buona dozzina di pettirossi che becchettano alla finestra, no? Se poi dovessimo pagare il copyright sui sinonimi di “luccicante” andremmo in bancarotta. Bisogna poi sfrattare tutti i barboni di Saint Germain (si, perché quest’anno l’originalità sta nel set parigino che sostituisce l’hupper wes side). L’albero almeno non è un problema, c’è quello finto riciclato ogni anno, e grazie a dio che non si debba sentire l’odore della resina. Forse qualche finanziamento in più lo si rimedia grazie a una sequenza di primi piani tipo “apertura pacco regalo-guance rosse-marca ben in vista”.
La prima parte è sulla preparazione della cena e l’arrivo degli ospiti. Una fatwa colpisce chi si scosta dal canone. Ne ho conosciuti una decina che non hanno lavorato per anni a causa di ardite sceneggiature in cui un arrosto mancava di vino perché non se n’era trovato, o peggio “erano finiti i soldi” per lo champagne. Non esistono toppe nei pantaloni, cappotti troppo usati, nemmeno un calzino rammendato dentro un paio di scarpe nuove. I soldi sono sempre abbastanza, i figli bene a scuola, i cani di razza in casa o bastardi raccolti morenti per strada, le donne in carriera, ma devote alla famiglia, le giacche stirate e il make-up perpetuo.
L’ospite a sorpresa lo facciamo arrivare alla scena 27. Camera esterna fissa sul campanello (sentiamo ancora in sottofondo le chiacchiere della tavola). Il dito schiaccia il pulsante tondo e dorato. Bordo del cappotto con qualche fiocco di neve. Sull’eco del suono passiamo all’interno. Lei sorpresa si interrompe, guarda lui. Ma nemmeno se mi raddoppiano il compenso nel copione entra la frase “Aspettiamo ancora qualcuno?”. Meglio sfumare su lui che va ad aprire. Suo fratello tornato da una missione in Cambogia scuote la neve dal cappotto e sbatte i piedi. Ovviamente non esistono compagni uccisi, madri straziate, natali al fronte, fagioli in scatola.
Camera indietro sulla tavola e tutta la seconda parte ce la si gioca sui ricordi d’infanzia, non si escludono flashback lattiginosi. In casi disperati nemmeno il ricorso all’album di famiglia. Campanelli come se piovesse e un paio di Sinatra per la musica.
Sul finale usciamo dalla la finestra, allarghiamo sulle terrazze vicine (niente giardini con staccionata bianca sui boulevards), luci accese ovunque. Sfumiamo sul suono delle campane che chiamano a raccolta. Quadro fisso sul cielo e titoli di coda.
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