Monday, April 24, 2006
Sunday, April 23, 2006
Rava
Sabato mattina. "che si fa stasera?"Sfoglio il LYLO sconsolato, appoggiato in un angolo illuminato male. Fuori piove. (In realtà sono 25 gradi e un sole estivo, ma mi serve la scenografia). Soliti gruppi in giro per Parigi. Rue de Lombards ha buoni concerti jazz, ma bisognerebbe conoscerli per essere sicuri. A un tratto, di fianco ai caratteri "21.00 Sunside" (primo sottile, secondo in grassetto) appare IL nome: "Enrico Rava quintet" (feat. Bollani). Il top del jazz italiano. Imperdibile. In pratica ci sono già. Mi concedo solo un film al pomeriggio per temporeggiare "Ensayo de un crime" di Bunuel, su un tizio che cerca di diventare un assassino, ma non riesce. Le donne che sta per uccidere gli sfuggono di mano e muoiono per altre cause subito dopo. Bunuel ce lo racconta dalla fine, quando Archibaldo de La Cruz confessa i suoi "crimini" alla polizia. "Donna affascinante, vero?" "Si, la ucciderei con molto piacere". Nota tecnica: Bunuel inquadra a mezzo busto. Ma Non mi dilungo.
Esco alle 19.30 e vado direttamente al Sunside. Rue de Lombards è la Manhattan di Parigi per il jazz, locali in fila. Mi siedo e approfitto dell'happy hour. Alle 20 chiedo: posso già comprare i biglietti per il concerto di Rava. "Si...ma siamo completi" (quindi no) "Bisogna aspettare le 21.15 e sperare che chi ha prenotato non venga". Pensando "chi è quell'idiota che prenota e poi perde questo concerto" mi metto sulla lista d'attesa. Impaziente come un controllore trenitalia attendo camminando sul posto, non riesco nemmeno a leggere. Le attese per il concerto del secolo mutate in trappola di tensione. Taglio: Si liberano tre posti e riesco a entrare. E ora l'inghippo: ho solo parole e foto per descrivere la musica. La chiamiamo traduzione semiotica, ma si legge "problema". Potrei dire che Rava ha l'aria di un vecchio gatto dai baffi bianchi, lento e misurato. Appoggia le labbra alla tromba come se fosse di zucchero, ogni tanto la svuota (ah si perchè alla fine, dato che non c'erano più posti sono finito sui puff sotto il palco, la posizione del fotografo di scena). Petrella al trombone pattina sul posto mentre muove il braccio per dargli fiato, è il giovane del gruppo, quello più veloce, innovativo, che duetta alla pari con il "maestro". Usa la ventosa di uno sturalavandini per strozzare il suono, Rava si limita a tappare la tromba con la mano. Quando gli altri tacciono, loro continuano un duetto tra alti e bassi, un dialogo tra due anatre, l'uno riempie i vuoti dell'altro. Soffici alla Miles Davis, ritmati alla Mingus (ottimi batteria e basso). Bollani al piano non c'è, ma il sostituto Pozza fa il suo lavoro, senza esagerare. Sunonano molto.
Nella pausa Rava lascia la tromba sul pianoforte aperto, e inizio a fare una serie di foto, mentre tutti mi guardano non capendo, poi vedono la tromba e sorridono. (Cosa vi credete, faccio foto alle corde di un piano?). Il risultato , direi, è soddisfacente:
L'ultimo pezzo scivola a fianco del bar, cubetti di ghiaccio mescolati. Nel corridoio della metropolitana qualcuno suona il sax.
Friday, April 21, 2006
springless
Che poi basterebbe poco. Un respiro profondo, molletta al naso come per uno scherzo, veloce il numero. "CiaoRomanoSonoSilvioHaiVintoTuMaLaProssimaVoltaFaccioIoLeRegole!" pernacchia opzionale e riattacchi. Semplice no?
Tornando a Parigi non so ancora -formalmente- chi sarà il nuovo presidente del Consiglio italiano. Ditemi voi se questo è un paese -sano. Italia spaccata in due. Mi sfugge la sconvolgente novità.
Comunque ritorno a Parigi, con giusto un filo meno di convinzione questa volta. Fortunatamente basta passare su un ponte, spiare una nuvola dietro la Decouverte e ci si sente meglio. Ho parlato con il responsabile meteo di Dio (meteo@regnodeicieli.god) e mi ha confermato che no, niente primavera quest'anno. Siamo stati cattivi, punizione. A Sodoma è andata peggio.
La grande novità di questo rientro è questa: dopo un lungo periodo a pensare "voglio una reflex, voglio una reflex" mi sono ricordato che mio padre HA in effetti una reflex: Minolta x-300 che ha esattamente la mia età, ma scatta ancora come una teenager. "Si però vuoi mettere in digitale?". Ma il suono dell'otturatore, quel rumore metallico che dice "sto-impressionando-la-pellicola" è un piacere che il bip digitale non può riprodurre. Non si scatta a caso, niente schede da giga di spazio. Niente ressa attorno al display tipo "fai vedere com'è venuta" Con una macchina al collo si inizia a segmentare le cose in rettangoli, cercando una foto. A père Lachaise capita di aspettare venti minuti per fotografare un vecchio in impermeabile. Ti avvicini, regoli il fuoco, scegli tempo e apertura e: una ragazza vestita di rosso si siede a fianco e inizia a inviare sms. Aspetti che se ne vada. Non se ne va. Aspetti che si alzi lui e scatti. Bisognerà aspettare, e vedere cosa ne esce.
Uscendo dal cinema invece (notate il ponte assurdo alla Rai2) dopo aver visto "Inside man" di Spike Lee uno si dice "What a fucking good movie" (con accento del Texas se possibile). Un film su una rapina in banca. Banale. Citazioni di "Quel pomeriggio di un giorno da cani", fumo, poliziotti, negoziatore. Dato in mano a quel rapper mancato di Spike Lee diventa un capolavoro. Non che tutto ciò che tocca diventi oro (vedere la 25' ora), ma qui c'è abbastanza ritmo e tecnica di ripresa per produrre una serie. La sceneggiatura è perfetta, come dice Clive Owen "Pay strict attention to what I say because I choose my words carefully and I never repeat myself". A parte la morale su chi sono i buoni chi i cattivi, sul rispetto dei diritti dell'uomo (in pratica il film è un'applicazione "micro" del Patriot Act) è il modo in cui si muovono le camere che impressiona. Vortici attorno ai personaggi, travelling e zoom a piene mani, i flash forward girati in digitale. Vederlo necesse.
Saturday, April 15, 2006
Italiani -popolo peninsulare-
Avevo colpevolmente dimenticato di avvisare i miei mille lettori: sono in Italia. Per compiere il mio dovere di elettore (sono tra le schede incontestabili che permettono a Prodi di governare) e darmi al delirio culinario pasquale.
Tra la via emilia e il west. Tra una piazza Verdi (Bo) piena di giovani in trepidante attesa per il responso delle urne (forse se aggiungo un altro luogo comune mi prendono al Corriere) e l'onda lunga del dopoelezioni (eccolo!). Ancora, ancora: L'esodo pasquale. Tempo variabile con temporanee schiarite. Ormai i giochi sono fatti. Piazza Maggiore mercoledì sera conferma le speranze. Siamo circa 30.000, giusti giusti i voti di scarto alla Camera. Al senato ci salva l'Oceania (sic!).
Da Parigi mi chiedono: "come si può votare a sinistra alla camera e a destra al senato?". Si può perchè in un sistema bicamerale perfetto al senato può votare solo chi ha più di 25 anni...
Per il resto mi chiedo come un raduno all'insegna della sofferenza e dell'autogastigazione, del "siamo tristi e morigerati" possa radunare migliaia di persone attorno a un vecchio e arcigno teologo tedesco impacchettato di rosso. Vacanze romane.
A Rimini vado a vedere il Caimano al Fulgor (lo scomodissimo cinema felliniano, ma mica si può vedere Moretti in multisala), ma i commenti li lasciamo a una seconda visione francese.
Altro evento cittadino è il "Paganello", il campionato mondiale di Frisbee su spiaggia, che si apre in una giornata estiva, per sole e presenza turistica. Riproduco una foto con l'autorizzazione dell'autrice (Alexandra). Appare anche Robert, in viaggio in Italia con un amico, su un furgoncino (W) arrangiato a camper.
Sunday, April 02, 2006
Let the show begin
Cerchiamo di mettere un po’ d’ordine. Settimana decisamente cinematografica. Con la Sorbonne chiusa è il successo della Cinémathèque, senza concorrenti. Forse una passeggiata nel jardin des plantes e un tè alla moschea prima dell’assalto di un’orda puerile che tanto si vorrebbe abbattere a colpi di sciabola. Peccato i camerieri presenti non l’abbiano in dotazione. Oppure un tè solitario vicino a Jussieu, vetrina con orchidee, pareti verde chiaro, teiera in ferro.
Parlando di cinema l’occasione della full immersion è la presenza di Giuseppe Rotunno (minuto di raccoglimento) per uno stage alla cinémathèque. Risparmiando i dettagli tecnici il buonuomo parla di luce, di registi (Visconti e Fellini su tutti) e di trucchi di scena, tradotto da un incapace, come al solito. Ovviamente si proiettano tutti i film a cui ha collaborato. Visconti. “Le notti bianche” è una violenza a Dostojevsky, se ne prende la struttura banale, si leva la poesia, e si mette a recitare un pessimo Mastroianni su un set di cartone. I dialoghi sono scritti dalla sorella scema di Topolino. Il Gattopardo in schermo panoramico, versione restaurata da Rotunno, è un piacere che sarebbe comunque meglio diluire in piccole dosi. Grande Lancaster, immagini perfette, camera che riesce a cogliere scene di un’ampiezza incredibile, bello nonostante Visconti, fortunatamente i dialoghi li si lascia al libro e la casa non è in polistirolo. Ma la vera passione diventa Fellini: Satyricon, Casanova, Amarcord, La Strada, E la nave va. Non c’è tanto bisogno di aggiungere commenti a un genio invidiato persino da Kubrick. Solo che sottotitolare “pataca” con “con” non funziona, che l’arrivo del Rex con il cieco che chiede “com’è com’è?” come la scena del vecchio perso nella nebbia sono poesia, che la luce in Casanova diventa parte della narrazione, che la plastica rivela la finzione e costringe ad accettare un patto: o prendi tutto com’è o te ne vai, per vedere paesaggi reali non serve macchina da presa. E così la nave è un cartone in una piscina, due donne davanti a un tramonto di vernice su una scenografia dicono “che bello, sembra finto”. Ci si prende gioco della Chiesa, dell’ansia da prestazione, del potere, dei critici cinematografici “Mi è piaciuto, ho pianto tanto”. Alla fine di “e la nave va” la camera esce dalla scena e mostra il set. Il film è anche un discorso sul cinema. Le prime scene sono mute, con personaggi alla Murnau, poi ci si muove e si guarda la camera come in un film russo, aggiungiamo il suono sperimentalmente su certi elementi, poi si sonorizza il tutto, via al colore e si canta imbarcandosi come in un musical americano. Capolavoro. Come la Venezia costruita sul set, argento e luce. La Strada, il film per Giulietta Masina, che sarebbe stata perfetta per il muto con quella faccia.
Altre collaborazioni Rotunniane: “All that jazz” di Bob Fosse, sulla realizzazione di un musical, un dialogo fuori scena con la morte che arriverà alla fine. Gran montaggio, e comicità. Il dottore ascolta i suoi polmoni tossendo disperatamente mentre fuma, la camera si muove e anche il paziente sta fumando. Sequenza ripetuta dei riti del risveglio (doccia, medicine, capelli, specchio) “let the show begin”.
“Le avventure del barone di Munchausen” di Terry Gilliam è un film dei Monty Python con tutti i soldi di una maxiproduzione di Hollywood e le scenografie di Dante Ferretti. Uma Thurman fa Venere, molto credibile.
Fuori catalogo Rotunno: La collectionneuse, di Rohmer, che mi risolleva da Visconti con un po’ di moralismo in salsa nouvelle vague e una meravigliosa Haydée Politoff.
E’ tutto. Rischio indigestione? No, quello c’è più da Sthorer, dove se indichi col dito e chiedi “cosa c’è qui dentro?” rispondono “Cioccolato fondente, mousse al cioccolato, biscotto al cioccolato, cacao e copertura di cioccolato fuso” …. “E ?”
Arriva una primavera ancora un po’ incerta. Cadute le motivazioni ideologiche la Bnf inizia a perdere quotazioni, così lontana, così buia in certi angoli, senza nulla intorno… La vetrata del Pompidou invece acquista posizioni, evitata la coda all’entrata è davvero un piacere stare a studiare con vista sulla piazza circondata dai primi palazzi del marais.
Credo da voi si continuino a vedere scene di guerra urbana. Villepin non molla, Chirac è finito, gli studenti continuano, ma non serve la scorta dei giustizieri della notte per uscire di casa.
Domani sera il secondo dibattito Pr-Br, in contemporanea alla cinémathèque "Josephine Baker, la folie du siècle" ...
"E tu: chi vuoi eliminare?"