Paris is a moveable feast ("Festa mobile" Hemingway). Blog su un erasmus a Parigi.

Sunday, April 02, 2006

Let the show begin

Cerchiamo di mettere un po’ d’ordine. Settimana decisamente cinematografica. Con la Sorbonne chiusa è il successo della Cinémathèque, senza concorrenti. Forse una passeggiata nel jardin des plantes e un tè alla moschea prima dell’assalto di un’orda puerile che tanto si vorrebbe abbattere a colpi di sciabola. Peccato i camerieri presenti non l’abbiano in dotazione. Oppure un tè solitario vicino a Jussieu, vetrina con orchidee, pareti verde chiaro, teiera in ferro.
Parlando di cinema l’occasione della full immersion è la presenza di Giuseppe Rotunno (minuto di raccoglimento) per uno stage alla cinémathèque. Risparmiando i dettagli tecnici il buonuomo parla di luce, di registi (Visconti e Fellini su tutti) e di trucchi di scena, tradotto da un incapace, come al solito. Ovviamente si proiettano tutti i film a cui ha collaborato. Visconti. “Le notti bianche” è una violenza a Dostojevsky, se ne prende la struttura banale, si leva la poesia, e si mette a recitare un pessimo Mastroianni su un set di cartone. I dialoghi sono scritti dalla sorella scema di Topolino. Il Gattopardo in schermo panoramico, versione restaurata da Rotunno, è un piacere che sarebbe comunque meglio diluire in piccole dosi. Grande Lancaster, immagini perfette, camera che riesce a cogliere scene di un’ampiezza incredibile, bello nonostante Visconti, fortunatamente i dialoghi li si lascia al libro e la casa non è in polistirolo. Ma la vera passione diventa Fellini: Satyricon, Casanova, Amarcord, La Strada, E la nave va. Non c’è tanto bisogno di aggiungere commenti a un genio invidiato persino da Kubrick. Solo che sottotitolare “pataca” con “con” non funziona, che l’arrivo del Rex con il cieco che chiede “com’è com’è?” come la scena del vecchio perso nella nebbia sono poesia, che la luce in Casanova diventa parte della narrazione, che la plastica rivela la finzione e costringe ad accettare un patto: o prendi tutto com’è o te ne vai, per vedere paesaggi reali non serve macchina da presa. E così la nave è un cartone in una piscina, due donne davanti a un tramonto di vernice su una scenografia dicono “che bello, sembra finto”. Ci si prende gioco della Chiesa, dell’ansia da prestazione, del potere, dei critici cinematografici “Mi è piaciuto, ho pianto tanto”. Alla fine di “e la nave va” la camera esce dalla scena e mostra il set. Il film è anche un discorso sul cinema. Le prime scene sono mute, con personaggi alla Murnau, poi ci si muove e si guarda la camera come in un film russo, aggiungiamo il suono sperimentalmente su certi elementi, poi si sonorizza il tutto, via al colore e si canta imbarcandosi come in un musical americano. Capolavoro. Come la Venezia costruita sul set, argento e luce. La Strada, il film per Giulietta Masina, che sarebbe stata perfetta per il muto con quella faccia.
Altre collaborazioni Rotunniane: “All that jazz” di Bob Fosse, sulla realizzazione di un musical, un dialogo fuori scena con la morte che arriverà alla fine. Gran montaggio, e comicità. Il dottore ascolta i suoi polmoni tossendo disperatamente mentre fuma, la camera si muove e anche il paziente sta fumando. Sequenza ripetuta dei riti del risveglio (doccia, medicine, capelli, specchio) “let the show begin”.
Le avventure del barone di Munchausen” di Terry Gilliam è un film dei Monty Python con tutti i soldi di una maxiproduzione di Hollywood e le scenografie di Dante Ferretti. Uma Thurman fa Venere, molto credibile.
Fuori catalogo Rotunno: La collectionneuse, di Rohmer, che mi risolleva da Visconti con un po’ di moralismo in salsa nouvelle vague e una meravigliosa Haydée Politoff.

E’ tutto. Rischio indigestione? No, quello c’è più da Sthorer, dove se indichi col dito e chiedi “cosa c’è qui dentro?” rispondono “Cioccolato fondente, mousse al cioccolato, biscotto al cioccolato, cacao e copertura di cioccolato fuso” …. “E ?”

Arriva una primavera ancora un po’ incerta. Cadute le motivazioni ideologiche la Bnf inizia a perdere quotazioni, così lontana, così buia in certi angoli, senza nulla intorno… La vetrata del Pompidou invece acquista posizioni, evitata la coda all’entrata è davvero un piacere stare a studiare con vista sulla piazza circondata dai primi palazzi del marais.
Credo da voi si continuino a vedere scene di guerra urbana. Villepin non molla, Chirac è finito, gli studenti continuano, ma non serve la scorta dei giustizieri della notte per uscire di casa.

Domani sera il secondo dibattito Pr-Br, in contemporanea alla cinémathèque "Josephine Baker, la folie du siècle" ...


"E tu: chi vuoi eliminare?"

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