Paris is a moveable feast ("Festa mobile" Hemingway). Blog su un erasmus a Parigi.

Sunday, March 05, 2006

semaine du 27-2-06

Ma torniamo a Parigi. Città in cui sarebbe meglio passare un anno sabbatico con libertà totale sui corsi. Perché spesso si resta delusi. Dalla forma: una lezione di due ore con una mezz’ora di ripetitività per arrivare a coprire il corso fino alla fine. Dai contenuti: distinzione tra “nous” inclusivo e “nous” esclusivo (linguistica). Per fortuna c’è un fuori tra i migliori al mondo. La settimana (oltre al solito cinema) vanta un' importante scoperta museale. Signore e signori: il museo Rodin. Vicino agli Invalides, un giardino dove andare a passeggiare per riflettere o parlare con le statue di bronzo riparate dagli alberi. Il palazzo è bello ok, ma non sarebbe nulla da solo. Dalla mano di una statua si vede un tetto, tra le gambe di quell’uomo raggomitolato spunta la cupola degli Invalides, uno sguardo dubbioso verso la Tour Eiffel. Quando si esce nevica fitto, è troppo freddo per passeggiare, ci si infila in un cinema per un film in lista da tempo: “Un couple parfait”, regista giapponese, set parigino. Uno degli eventi dell’anno per i cahiers du cinéma, con Valeria Bruni Tedeschi e (soprattutto) Bruno Todeschini. Una coppia che non ha più nulla da dirsi, non trova scuse per separarsi, né per stare insieme. Nessun diversivo, nessuna fuga. Grigio su grigio, restare insieme o separarsi è uguale. Non litigano nemmeno insieme, uno parla l’altro chiude la porta, l’altro parla e questo dorme. Frasi perfide e relazione di facciata. Il regista non entra nelle piaghe, ce ne stiamo anche noi fermi, immobili. Il disegno divino sulla mia esistenza si manifesta quando Valeria Bruni Tedeschi passeggia sola a Parigi, e torna due volte consecutive al museo Rodin, illuminato da una bellissima fotografia, con i riflessi delle statue nel ruolo di protagonisti. Altro motivo per tornare al museo.

Altri film della settimana: "Le Soleil" di Sokurov, sull’imperatore del Giappone alla fine della seconda guerra mondiale. Un omuncolo con l’impiccio di una storia personale che inciampa nel destino del paese e del mondo. Un criminale di guerra che quando il suo ospite americano esce dalla stanza improvvisa una danza leggera nel salone e spegne le candele con uno “spegnicandele” (attendo termini migliori) come fosse un fioretto. Gli fanno foto “sembra Chaplin, ehi Charlie!”. Interessante, con immagini digitali che accorciano la scena. Essendo un’anteprima in Cinémathèque c’è anche monsieur Sokurov, vestito fuori taglia come un bambino a cui il padre ha prestato la giacca per la comunione. “In Russia non c’è distinzione tra storia personale e universale”.

Continuiamo sui film già che ci siamo. “Syriana” è un film importante, politico nel senso nobile degli anni ’70 (Altman e compagnia). Decisamente meglio delle invettive alla Moore (che resta un simpaticone). Grande interpretazione di Clooney. Petrolio, kamikaze (e per una volta ci mostrano come li reclutano) per un film scomodo che spiega senza bisogno di chili di ideologia. Il finale è una citazione di The African Queen -forse inconsapevole- ma riveste l’atto di un certo eroismo, grazie all’eco del capitano Bogart. Molto meglio di Munich, pasticciato e indeciso sul genere (ammazzatutti, politica, documentario).

Ultimo film “Le petit lieutenant”, altro successo critico nei cahiers du cinéma. Uscito a novembre, ma ancora in sala (anche questo è Parigi). Una decostruzione dei film polizieschi. Locandine di film ovunque, il protagonista che dice di essere entrato in polizia grazie al cinema, e di essersi trasferito a Parigi per avere “crimini interessanti”. E invece. Il poliziotto è lavoro sporco: autopsie, nottate di guardia, appostamenti, povertà. Pericolo di quello vero, che non dà l’adrenalina dell’inseguimento. Vorrebbe fare identikit, guidare senza regole (e ci gioca), inseguire, arrestare il sospettato da solo. Ma non andrà così bene.


Per il resto un gran freddo, dietro al vetro di un caffè di place di una place de la contrescarpe grigia e sospesa. O sul canale Saint Martin che pare allungarsi mentre si cammina. La temperatura dà la scusa per buone abitudini. Le mani in tasca, il collo del cappotto alzato, un caffè in più, il cielo pulito dal gelo. E poi ogni tanto c’è un grano di primavera, ancora timida e incerta. Da Montmartre all’orizzonte le nuvole basse disegnano una striscia come se ci fosse l’oceano, un cielo blu da fumetti, e nuvole ben gonfie.


Al sacre coeur c’è un solo sovrappiù: la gente. Vorrei i cosacchi della Potemkin, o dei buttafuori competenti. Accetto volontari per entrambi i ruoli.

2 Comments:

Anonymous Anonymous said...

ciao! ma al sacre coeur anche sotto la neve ci sono i senegalesi che ti obbligano con le cattive a farti fare un braccialetto??

12:05 PM

 
Anonymous Anonymous said...

Very nice blog..

Did you visit my blog??

Have a nice day

1:12 PM

 

Post a Comment

<< Home