Paris is a moveable feast ("Festa mobile" Hemingway). Blog su un erasmus a Parigi.

Wednesday, March 15, 2006

illuminismi

Grazie alla presenza di una prof. italiana (inutile spiegare a chi non sa) la domenica ha un progetto. Via le pantofole trascinate per casa in attesa di sera, a morte la malinconia del sabato appena lasciato e del lunedì minaccioso, banditi i risvegli tardivi e l’assenza di prospettive. Il piano è noleggiare una bici e andare alla Bnf per l’expo “Lumières”. La sveglia è alle 9. Mi sveglio in effetti: cielo blu, pulito, sole a massima potenza. Terrore: devono essere almeno le 11, non l’ho sentita, ho mancato l’appuntamento, dall’albero più alto della nave un cappio si dondola aspettandomi. E invece sono le 7.40, ma quando me ne accorgo sono già in piedi, sveglio, vestito e scattante nonostante le non troppe ore di sonno. A questo punto. Tanto vale assaltare subito il punto noleggio delle Halles. Il sole inganna, i gradi in realtà sono scarsi, l’aria di vetro, l’ombra assassina. Soffia il vento urla la bufera, guanti invernali eppur bisogna andar. Arrivo prima del noleggiatore, congelato pure lui (per contratto deve arrivare in bici, per motivare i clienti). Mi rifilano un catenaccio da tir e una bici targata Mairie de Paris, bianca e verdina, campanello lucido, gomme nuove, appena forgiata da Delanoe. Giro nel marais in attesa del mio partner velocista, passo davanti a un Pompidou deserto, sembra un piano sequenza di un film di Jeunet, mi manca solo un cesto pieno di frutta colorata e una baguette sul manubrio.
A qualcuno piacerebbe più caldo.
La prima tappa è il marché in rue Montmartre, dietro le Halles. Alle 9.30 già piattoni fumanti di pesce e riso, ostriche, fiori (non fumanti). Parigi la domenica è il territorio dell’anarchia ciclistica: niente macchine, pochi piedoni. In più ci si mettono le manifestazioni alla Sorbonne, e la polizia blocca al traffico le vie principali in assetto antisommossa (fa scena). Marciapiedi, strade, selciato, erba, senza tetto né legge. Da Montmartre si gira in rue Montorgueil, anche qui negozi aperti, persone a passeggio, Storher in tutta la sua bellezza. Compriamo mini-cannelle in previsione di calo di zuccheri, che arriverà puntuale al caffè della moschea, dove si scopre (non certo grazie alle mie conoscenze botaniche) una pianta di vaniglia che resiste all’inverno, e si beve tè alla menta. I platani (o sicomori? mistero!) del jardin des plantes sono sempre in fila, pettinati come si deve, le gemme ancora in vacanza. Arriviamo alla bnf verso l’una, una breve coda tormentata dai venti del nord e poi l’expo. Nulla di più illuminista che andare a una mostra su Diderot, Voltaire e compagni in bici. Oltre alle prime stampe delle opere storiche, frasi da antologia (je me flatte d’etre citoyen de la grande ville du monde) e video di interviste ad autori di… fumetti, che attualizzano i temi della mostra (scienza, religione, città …). Si respira meglio alla fine, ci si illude che tutti condividano questa libertà di spirito, questa intelligenza chiara ed evidente nel comprendere il mondo e i popoli che lo abitano. Venendo poi da due giorni di mostre (Ingres, nella sua doppia natura di stucchevole classicista e raffinato ricamatore di turbanti) lezioni (Touraine, sulle donne e la costruzione di sé) e conferenze (Proust e la filosofia) il cervello è soddisfatto come un cannibale alla sagra dell’esploratore ingenuo. Al ritorno passiamo per l’Ile Saint Louis, piena di gente a passeggio, e pranziamo nel pom’cannelle, gelateria-bistrot con facciata verde laccata.
La sera il riposo dei giusti… alla Comédie Francaise per una pièce di Corbeille: Le menteur. Velluti rossi, scalone, busti in marmo, lampadari dorati, specchi, una coppa di champagne tra gli atti. Usciti prendiamo un taxi per tornare nel marais e cercare cibo. Dallo champagne alla comédie a un ristorante cinese microondato (uniche commestibilità ancora aperte) nel giro di un’ora. Questo significa avere la mente aperta (e lo stomaco vuoto).

In settimana: visita alla mostra Paris au cinéma, gratuita all’hotel de ville. Estratti di film, foto di scena, dietro le quinte. La Parigi del mito è quella Paramount, più quella nouvelle vague. Jeanne Moreau sorride dall’affiche. Godard spiega l’innovazione “prima nei film quando uno usciva da una porta diceva -me ne vado-, con la nouvelle vague dice -ritorno-, come nella realtà”.

Che succede alla Sorbonne, e in tante altre università? Il governo approva di fretta un contratto di prima assunzione (CPE) senza garanzie. Licenziamento senza motivi in due anni senza continuità assicurata. Dopo che i francesi arrivano al lavoro dopo diversi stage malpagati, vorrebbero almeno lavoro stabile. Loro protestano, il governo non risponde, loro protestano di più. Semplice no?

Il meteo? Così:

e lui si dispera...

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