Mars '06
Visti da lontano dobbiamo proprio essere brutti a Parigi in questi giorni. Una banda di studenti impazziti che “spaccanotuttoquellochetrovano”. Certo i fotografi di Repubblica che studiano la retorica del ’68 per fare foto uguali non aiutano. Un crs (celerino) fotografato dal basso sembra un gigante, quattro persone in un campo chiuso sono una folla.
Cerchiamo di essere chiari, e brevi perché non se ne può più:
[inizio del “copia incolla” da articolo che uscirà martedì su La voce] Il CPE è un contratto di lavoro riservato ai minori di ventisei anni della durata di due anni, nella migliore delle ipotesi. A qualsiasi momento infatti il datore di lavoro può licenziare l’impiegato senza donare alcun motivo. C’è chi si domanda di cosa lamentarsi: in fondo è un lavoro, no? Certo, il problema è che tutti vogliono una riforma del lavoro che riesca ad aprire il mercato ai più giovani, quello che si contesta sono i contenuti. Il licenziamento immotivato innanzitutto. Che valore pedagogico può avere essere buttati fuori senza sapere quale fossa la propria mancanza? In più: per valutare le capacità di un lavoratore non sono forse eccessivi due anni? Ventiquattro mesi durante i quali non si saprà se alla fine si avrà un vero lavoro o si tornerà a mendicare un impiego a breve termine. Per capire la rabbia dei francesi (a qui nella manifestazione di sabato 18 si sono molti lavoratori, non va dimenticato) bisogna aggiungere che in Francia si arriva al lavoro dopo aver svolto già diversi stage, precari e mal pagati. A ventisei anni si vorrebbe un lavoro onesto, secondo le proprie capacità, non una scadenza a data predeterminata. Al centro di tutto questa volta ci sono le maggiori città francesi, tra cui Parigi. La Sorbonne occupata per la prima volta dopo il ’68, con la sua piazza blindata come se a ogni momento un’orda di barbari fosse pronta a gettarsi sull’edificio per distruggerlo. I cortei regolari con migliaia di persone ogni pochi giorni. I licei e le università bloccati.
[fine del “copia incolla”, non si sa se legittimo, ma si suppone di si dato che nessuno mi paga i diritti d’autore].
Quando cala la sera, con il tempismo degli ultrà del dopopartita, arrivano i casseurs, letteralmente gli “spaccatori” quelli a cui delle rivendicazioni sociali interessa ben poco. La grande maggioranza appartiene agli estremi politici (destro e sinistro) e non ha altro scopo che “taper du flic”.
E’ tutto. Quasi. Il problema, come per le banlieues è la risposta del governo. Assente. Fermo, immobile, nella canuta figura di Villepin, con quella faccia da “mi fa schifo toccare il popolo”.
Per la serie “se dovessi girare un film a Parigi”. Camera che corre sul Canale Saint Martin, gira a destra verso Republique, rallenta, allarga l’inquadratura. Si ferma sulla M di Mac Donald’s. Zoom. Due persone sedute a un tavolo che dividono degli auricolari, un ibook visto da dietro. Ascolteranno della musica? Giriamo attorno allo schermo: il duello Pr-Br.
Una scena da Moretti: loro si trovano in un Macdo di Place de la Republique per seguire il dibattito grazie alla rete del signor MacDo (che disapproverebbe, credo).
Nella prossima puntata: dell’indigestione di cinema, dello stage di Giuseppe Rotunno alla cinémathèque e di altre sciocchezze.
Attenzione: la foto che segue è un capolavoro.